bandiere del mondo

CAFFÈ DEL NONNO “ANDARE ALL’ESTERO”

Caffè del nonno Le iniziative dei soci

Perché andare all’estero? Come andare all’estero? Con quale disposizione d’animo andare all’estero?

Anna: Cosa mi hanno insegnato i miei tre mesi in Nuova Zelanda? Ho visto cose nuove, un mondo diverso, una natura diversa, persone diverse. Questo è stato molto interessante. Poi ho dovuto cavarmela da sola e questo è stato magari duro ma importante. L’incontro con questa realtà diversa mi ha fatto riflettere di più su me stessa. Le difficoltà maggiori sono state la malinconia e la nostalgia, soprattutto nel primo periodo quando non conoscevo le persone e nei momenti in cui non c’erano attività scolastiche o meno. Poi gradualmente ho trovato un feeling con alcune persone, ho imparato ad essere più responsabile di me stessa, ho trovato anche degli amici. Questo è stato bello e motivo di soddisfazioni.

Kawthar: Io da quattro anni e mezzo sono all’estero presso una famiglia italiana, lontana dalla mia famiglia libanese. La mia vita è molto cambiata. Anch’io ho dovuto affrontare da sola i miei nuovi problemi, imparare ad essere più responsabile. Ho fatto molte nuove esperienze, ho conosciuto un mondo diverso, ho imparato l’italiano, mi sono iscritta all’Università alla facoltà di Mediazione linguistica, ho conosciuto e studiato la cultura del mondo occidentale, ho assunto nuove abitudini di vita. In sostanza l’estero ha aiutato me ad essere più responsabile, a crescere e diventare più matura. La difficoltà maggiore è stata la nostalgia. Mi sono accorta guardando le foto e le immagini dei miei familiari come sono mutati i volti soprattutto dei miei nipoti ma anche dei miei fratelli e dei miei genitori. Quando si torna a casa magari per un breve periodo come è successo a me ci si accorge che ci mancano tanti riferimenti, tante notizie, le persone sono cresciute o invecchiate, c’è un salto netto rispetto all’ultima volta che ci siamo visti.

Aurelia: Io che ho la mia famiglia in Svizzera vivo a Milano da più di due anni presso una famiglia italiana quella di De Carli Simone e Lorenza. Io ho sentito meno la nostalgia perché vedo i miei genitori una volta in settimana o una volta ogni quindici giorni. La mia scuola professionale per orafi non è stata facile soprattutto perché gli insegnanti alle volte sono duri e i compagni e le compagne tendono a creare dei gruppi e ad emarginare gli altri. Solo con fatica e col tempo sono riuscita ad avere qualche reale amicizia e ora ho due compagni di cui sono amica, un ragazzo e una ragazza. Io vorrei entrare di più in conversazioni fatte insieme, vorrei che si facesse un unico gruppo classe in cui integrare anche quelli più emarginati.

Beatrice: Io oltre al nostro viaggio familiare in America ho trascorso un periodo da sola in Inghilterra presso una famiglia per imparare l’inglese. E’ stato molto bello nel confronto fra il mio mondo italiano e quello inglese, fra la mia cultura e la cultura inglese, constatare che ci sono cose simili e cose diverse e cercare di capire la ragione delle similitudini e delle diversità. E’ stata forte l’esperienza di indipendenza, di dovermi arrangiare da sola. Ci sono paure all’inizio, ma se le superi e riesci a fare da solo questa è la maggiore soddisfazione, la soddisfazione di vedere la mia crescita personale. L’estero è una sfida fatta a noi stessi, la sfida di dimostrare di essere grandi, indipendenti e responsabili.

Carolina: Io oltre al nostro viaggio familiare in America ho fatto una vacanza di tre giorni in Austria senza i miei. Non ho ancora percepito bene cosa voglia dire andare all’estero. Certo la meraviglia per nuovi panorami. Ad ogni buon conto mi pare che dovrebbe essere una cosa bella e che potrò fare in futuro.

Caterina: Sono d’accordo con tutto quello che avete detto e in particolare con quello che ha detto Beatrice. Posso dire che l’unica esperienza che ho fatto che ha qualche somiglianza con l’andare all’estero è l’esperienza degli scout. Cogli scout si impara ad arrangiarsi da soli o nel gruppo di squadriglia o di reparto e ad essere più responsabili, quindi a crescere.

Nonno Paolo: L’uomo cerca la sua vocazione, la sua chiamata, per che cosa è fatto. Anche Dio lo cerca, attraverso dei fatti o degli incontri. Quindi se è cosciente quando l’uomo non sa, non conosce, non trova la sua vocazione chiede aiuto a Dio. Dimmi o Dio cosa devo fare, dove devo andare, e Dio fa accadere delle occasioni, delle circostanze. L’uomo a questo punto deve riconoscerle; sono per dirla in generale, dei segnali che non vengono dalla sua mente, non sono dei suoi programmi, non sono delle sue elucubrazioni. (L’uomo) tu capisci che sei piccolo in confronto al mondo, alla storia, in confronto a Dio creatore e al Mistero che fa le cose, che le crea e le mantiene in vita. Se capisci che sei piccolo capisci anche i segnali che ti da Dio. Dio non solo ti da dei segnali, delle tracce ma poi ti aiuta a seguirli, ad attuarli.

I primi segnali che uno ha sono le sue inclinazioni, le sue capacità, che lui non si è dato. Per esempio uno ha un carattere estroverso, è capace di creare rapporti e relazioni, uno ha una mente molto logica, uno ha una formidabile memoria, si ricorda le persone i fatti della sua vita, un altro ha una mente astratta e tende a sistemare e a organizzare tutto quello che ha imparato, uno è molto generoso e di slancio dice di si alle proposte degli altri, un altro è più riflessivo pensa molto prima di dare una risposta, uno è molto pratico, un altro molto fantasioso. Queste cose non te le sei inventate tu, te le ha date Dio.

Poi ci sono le situazioni e gli incontri della vita. Anche questi non te li sei dati tu. Così non sei stato tu a stabilire di nascere in Italia o in Libano, nel XXI secolo piuttosto che in un altro secolo, di essere in una famiglia piuttosto che in un’altra, di incontrare delle persone che ti sono state come dei maestri, nella famiglia nella scuola piuttosto che incontrare altre persone, e così via. Ma può essere che tu abbia fatto un incontro straordinario che ti ha riempito la vita, che ti ha spiegato la realtà, che ti ha aperto la mente insomma che ti ha dato la voglia e l’entusiasmo di vivere. Se è un incontro straordinario significa che può essere avvenuto oppure può non essere avvenuto. Se però hai fatto un incontro straordinario, hai voglia di comunicarlo, di condividerlo con altri. Questa è la “testimonianza”. Sei un testimone.

Torniamo ai motivi per cui si va all’estero: per lavoro o per cercare lavoro, per imparare una lingua, per trovare una cura del corpo, perché si è costretti ad andare all’estero, per esempio i migranti o i soldati. Anche le guerre di conquista sono modi (bruttissimi) di andare all’estero [scene dal film “Attila” di Abatantuono).

Uno può andare all’estero per assorbire qualcosa: per imparare un lavoro, per imparare una lingua, per fare una ricerca. Tutte queste cose però sono mezzi per una crescita personale non fini. Il fine di un uomo è sempre nella sua vocazione è lo specifico contributo al miglioramento del mondo (ma io direi al regno di Dio) che Dio gli chiede.

Quindi dentro tutte queste circostanze, queste occasioni della vita uno che sia serio è sempre alla ricerca della sua vocazione cerca di riconoscere la chiamata di Dio, cosa Dio vuole da lui, dove Dio lo guida. Se ha riconosciuto la sua vocazione è probabile che vada all’estero oltre che per assorbire qualcosa, per portare qualcosa, un messaggio una testimonianza. Così fa come un missionario, ma in questo senso tutti gli uomini possono essere missionari o testimoni.

Se uno è chiuso solo nel perseguimento dei mezzi, i mezzi diventano fine, e lui vive per imparare una lingua, per trovare o per fare un lavoro, per fare una ricerca. Ma così lui non vede lo scopo per cui è fatta la sua vita. Può avere imparato la lingua, trovato il lavoro, fatta la ricerca, ma rimane chiuso entro questo piccolo confine. Non apre il suo animo la sua vita al desiderio di infinito che c’è in tutti gli uomini, non vede l’infinito cioè Dio che crea e che opera nel mondo e nella storia.

Se invece uno coltiva il suo desiderio di infinito, cerca Dio e lo riconosce negli incontri e negli avvenimenti. Dio risponde alla sua ricerca e al suo desiderio, noi diciamo, con il dono di una grazia di uno spirito. Lui quindi sarà animato da uno spirito. In secondo luogo questa ricerca e questo riconoscimento di Dio crea un’amicizia con tutti quelli che sono animati dallo spirito di Dio, un’amicizia che è grande come il mondo e che ti fa sentire, sin dal primo momento, fratello con tutti quegli amici di tutto il mondo, come se vi conosceste da sempre.
Se tu giri il mondo e entri in una chiesa di un altro paese e incontri delle persone che credono in Dio ti senti amico e fratello e sei accolto e aiutato. Questa è un’esperienza che abbiamo fatto insieme in America che voi probabilmente avete fatto altre volte, per esempio, Anna in Nuova Zelanda, forse anche altri in altri posti. Credo che sia così anche per un mussulmano che, se incontra un altro mussulmano in un altro paese magari lontano dal suo, si sente amico e fratello e viene aiutato. E’ una esperienza che sicuramente hai fatto tu Kawthar incontrando degli arabi qui in Italia. Però è possibile che anche cristiani o mussulmani che siano lontani dal loro paese e incontrino lì mussulmani o cristiani si sentano tra loro amici e fratelli e siano aiutati a vivere in quel paese lontano. E’ esattamente quello che è accaduto fra noi e Kawthar e la sua famiglia.
Non avrebbe potuto essere così se tutti non credessimo in Dio, se tutti non avessimo un desiderio e un riconoscimento di Dio nella nostra vita. Quindi Dio unisce coloro che lo desiderano e lo cercano. La Chiesa cristiana in particolare è un grande rifugio e conforto in tutto il mondo.

Sviluppando questo concetto cioè che Dio unisce, è l’unico vero grande fattore di unità, guardiamo alla storia del mondo e in particolare alla storia delle grandi migrazioni. Cosa ha integrato i barbari in Europa?: la religione cristiana. Cosa ha integrato il mediooriente e una parte dell’oriente?: prima la religione cristiana poi quella mussulmana. Cosa ha integrato l’America latina dopo le conquiste ispano-portoghesi e dopo l’immigrazione nera dall’Africa?: la religione cristiana. Cosa ha integrato gli Stati Uniti dopo lo schiavismo e l’apartheid dei neri: sostanzialmente la religione cristiana, molto più certo che la Costituzione o i nordisti dopo la guerra civile. Gli Stati Uniti sono un esempio mirabile di integrazione sulla base di libertà e autonomia, ma soprattutto sulla base dello spirito religioso di cattolici e protestanti (che è poi quello che ha svilupppato la democrazia, la libertà e l’autonomia): un paese fatto di immigrati da diversi altri paesi è riuscito a trovare una unità nella diversità, a costruire una grande economia, a venire in aiuto dei paesi europei durante la guerra mondiale (per il solo interesse di difendere la libertà nel mondo) e infine a diventare la maggiore potenza mondiale.

Dopo l’ultima guerra mondiale si era giustamente sviluppata in Italia una grandissima ammirazione per gli Stati Uniti, per gli americani visti come liberatori dal nazismo e dal totalitarismo e poi anche come difensori dei paesi liberi di fronte al blocco comunista. Una ammirazione certe volte ingenua e esagerata come testimonia questa scena famosissima del film di Sordi Un americano a Roma.

Veniamo adesso a dire una cosa collegata. Chi è veramente uomo cerca Dio e cerca la verità di sé cioè la propria vera umanità. Anche quindi il ricercatore dell’umano che non ha o non ha ancora conosciuto Dio è tuttavia sensibile al mistero dell’uomo e si sente amico e legato agli altri uomini. Per questo viaggia, per approfondire, per cercare i tratti veri dell’uomo e dell’umanità. La storia è costellata da questi ricercatori dell’umanità, delle profondità dell’animo umano cosi come del mistero della natura.
La caratteristica prima di questi veri ricercatori è lo stupore.
Sono persone che si stupiscono di fronte all’uomo e alla natura perché non mettono il proprio criterio, il proprio pre-giudizio di fronte a ciò che vedono a ciò che sentono, rimangono aperti a capire tutte le infinite possibilità della vita. Come abbiamo imparato da don Giussani “solo lo stupore conosce”.

E sono questi ricercatori che costruiscono la storia.

Pensate al mito di Ulisse che tenta di andare oltre le Colonne d’Ercole (Dante) o pensate a Alessandro Magno e alle sue conquiste fino ai confini dell’Asia orientale, con lui nasce l’ellenismo nel mondo medio orientale e orientale una cultura che unisce elementi greci e orientali, pensate a Cristoforo Colombo o a Vasco de Gama alla ricerca delle Indie orientali trovano quelle occidentali. Sono uomini grandi. Uomini alla ricerca e alla scoperta dell’umano.

Ma questa ricerca e questa scoperta si fa anche attraverso l’arte e la ricerca.
L’arte è sintesi e coglie gli aspetti profondi dell’umano. Gli artisti da sempre viaggiano per conoscere per imparare. Così spesso l’arte supera i confini delle nazioni. Pensate ai pittori dal quattrocento ai fiamminghi, agli italiani, agli spagnoli che girano l’Europa, pensate ancor prima, sin dal milletrecento, agli architetti delle cattedrali, pensate agli scrittori, ma anche ai musicisti che si muovono soprattutto tra Italia, Germania, Austria Polonia e Russia.

Un esempio moderno di un artista che ha girato alla ricerca di nuove forme espressive, che ha fondato l’espressività moderna della pittura sempre alla ricerca dell’uomo è Pablo Picasso [guardate per esempio la varietà di queste forme espressive e delle figure umane che vi si ritrovano Paolo mostra le riproduzioni di queste opere. Dalle figure umane più figurative:

a) La famiglia Soler 1903,

b) Il figlio Paolo vestito da Arlecchino 1924,

c) L’appuntamento 1900, alle scomposizioni della figura

d) Donne che giocano sulla spiaggia 1937 

e) Donna seduta (Ritratto di Marie Thérèse) 1937,

f) L’Aubade 1942, alla trasformazione della natura

g) Natura morta verde 1914, al surrealismo

h) La Crocifissione 1930)].

Anche i ricercatori scientifici girano, viaggiano per imparare per conoscere per capire. Pensate ai fisici, ai chimici e ai biologi tra Inghilterra, Francia, Germania e Italia specialmente dal 1700 in poi.

Però se uno è animato dallo spirito di Dio è più appassionato ancora, vuol dire a tutti le meraviglie di Dio e del mondo. Questi che tradizionalmente son chiamati missionari sono i più grandi viaggiatori di tutti.

Il modello di tutti questi è San Paolo detto l’Apostolo delle genti che ha girato il medio oriente, la Grecia ed è morto a Roma.
San Paolo dice che non importa essere tanto sapienti perché nella debolezza, nel timore e nella trepidazione del testimone si dimostrerà la potenza di Dio. San Paolo è sicuro che per mezzo di lui parla Dio e così infatti avviene e nella sua vita fonda molte comunità di credenti. Dice anche:”mi son fatto tutto a tutti (giudeo per i giudei, pagano per i pagani) per guadagnare tutti alla verità, a Dio a Cristo Gesù”. Dio dà a ciascuno un carisma diverso, dice Paolo, la sapienza, la scienza, la fede, le guarigioni, i miracoli, le lingue, l’interpretazione delle lingue, la profezia, ma al di sopra di tutto sta la carità (cioè la condivisione con gli altri) e tutto è per la gloria di Dio (che è anche la realizzazione dell’uomo cioè il compimento della sua vocazione sulla terra.

Un altro grande missionario è San Francesco Saverio, gesuita, allievo e compagno di S. Ignazio di Loyola, che parte per l’India nel 1541, impiega un anno per andare in India e da Goa predica il messaggio del cristianesimo in India, a Taiwan, poi in Malesia, poi fino in Giappone. Il tutto in poco più di cinquant’anni di vita.

Ancora grandissima figura è padre Matteo Ricci, altri cinquant’anni di vita straordinaria nella seconda metà del 1500, gesuita, va in Cina, si veste da bonzo, traduce in cinese la geometria di Euclide e la Bibbia, fonda molte case e chiese in tanti posti della Cina, poi si avvicina progressivamente a Pechino e qui è presentato all’Imperatore che lo assume come consigliere e anche come esperto nelle scienze, specie nella geometria, nella geografia e nell’astronomia. E’ l’esempio di un uomo pieno di Spirito che entra in una cultura diversa e la trasforma.

Infine vorrei ricordarvi, nei tempi recenti, il Papa Giovanni Paolo II il papa missionario, che ha fatto un numero stragrande di viaggi e che è stato un papa appassionato dell’umano e del divino insieme, che a tutti voleva portare il Dio che cambiava lui momento per momento.

Nella storia poi ci sono stati tanti movimenti religiosi missionari appassionati all’uomo e che sono andati in tutto il mondo, per es. i cavalieri di ventura come don Chisciotte della Mancha[1], i frati francescani, i gesuiti come Francesco Saverio o Matteo Ricci e poi, nei tempi moderni, i movimenti laici come i focolarini, l’opus Dei, i carismatici, comunione e liberazione, ecc.Riprendiamo dunque la domanda iniziale: come andare all’estero? Ed ecco la risposta che discende da tutto il nostro discorso: con lo Spirito di Dio, con la passione per l’uomo e con lo stupore per la natura, con l’amore all’uomo e con la testimonianza di quello che abbiamo incontrato. Ricordatevi che se non c’è questa passione per l’uomo, questo stupore per la natura e questo feeling con il prossimo non si impara neanche la lingua. Non preoccupatevi di parlare bene la lingua, parlate in qualunque modo per esprimere quella passione, quello stupore e quell’amore.


[1]  Si potrebbe qui ricordare la dottrina della Cavalleria errante che professava don Chisciotte nel capolavoro di Cervantes. Don Chisciotte è l’immagine dell’uomo che vive di desiderio e che si scontra continuamente con la distanza fra i desideri e le sue capacità di vivere e capire la realtà. Ora a cosa doveva essere educato un Cavaliere errante? “E’ una dottrina – risponde don Chisciotte a don Lorenzo – che racchiude in sé tutte o la maggior parte delle dottrine del mondo in conseguenza del fatto che chi la professa deve essere giurisperito e sapere le leggi della giustizia distributiva e commutativa, per dare a ciascuno ciò che è suo e ciò che gli compete, deve essere teologo per saper spiegare, con chiarezza e con precisione, la legge cristiana che professa, dovunque ne sia richiesto, deve essere medico…astrologo… deve sapere le matematiche… deve essere adorno di tutte le virtù teologali e cardinali… deve serbar fede a Dio… deve essere casto nei pensieri, onesto nelle parole, generoso nelle azioni, valoroso nelle imprese, paziente nei travagli, caritatevole con i bisognosi e, infine, sostenitore della verità, anche se il difenderla gli debba costare la vita. Di tutte queste doti, grandi e piccole, è adorno un buon cavaliere errante, ragion per cui veda la signoria vostra… se è dottrina da ragazzini ciò che impara il cavaliere che vi attende e la professa e se si può equiparare alle più importanti che s’insegnano nei ginnasi e nelle scuole”.