La domanda che aveva dato il titolo al nostro “Incontro di conversazione” dello scorso 5 maggio ha fruttato una serie di motivate e ricche risposte da parte di alcuni dei partecipanti alla riunione, che hanno saputo condividere in totale libertà a vantaggio dei presenti verità e convincimenti tratti dall’esperienza, colti da letture ed emersi dalle profondità dei loro animi.
Ecco qui di seguito i testi delle testimonianze presentate che, pur in sintesi, credo possano consentire a chi non era presente di vivere comunque l’intensità, la qualità e la bellezza del momento dell’incontro.
Giovanna Rossi
Ho approfittato dei tempi di isolamento in solitudine per dedicarmi a importanti letture, da cui ho tratto spunti interessanti che vi propongo.
“La tragedia del Coronavirus dev’essere affrontata mediante un ripensamento globale dei tratti religiosi, culturali, sociali e politici della nostra società plurale. Sono parole del cardinale Angelo Scola nell’intervista rilasciata a “La Provincia” (24 gennaio 2021) “Non ci si può limitare a cercare il modo per superare il virus, che è certamente una cosa importante, bisogna andare oltre. Queste sono occasioni che ci interpellano sul senso della vita”.
Il suo ultimo saggio “L’esperienza della solitudine” (2021) è un invito a ritrovare per noi e nelle relazioni che segnano la nostra vita esempi di carità e di prossimità, risorse che permettono una ripresa di comunione e solidarietà in famiglia, nelle comunità, nella società, per edificare una vita buona.
Le relazioni sono importanti per ridare un po’ di fuoco anche in questo tempo così difficile!
Nel volume “Dopo la pandemia. Rigenerare la società con le relazioni” (2021) di Pierpaolo Donati e Giulio Maspero, gli autori non solo chiariscono gli effetti della pandemia sulle nostre relazioni sociali: distanziamento fisico, didattica a distanza, smartworking, ma mettono in luce la rilevanza che le relazioni hanno assunto proprio a partire dalla pandemia, tanto che “senza relazioni, il virus non esiste”. Non esiste come fatto sociale.
Al centro dell’attenzione si pone la necessità di creare per il dopo pandemia una nuova visione relazionale della vita umana e dell’organizzazione sociale, una forma rigenerativa delle relazioni e della loro adeguatezza per l’essere umano.
C’è riconoscimento dell’altro se siamo disponibili a costruire una relazione con lui. Altrimenti si finisce a farsi idoli per aiutarsi a stare in piedi.
Oggi Il virus ci ha messo di fronte a una situazione nuova. Più di 50 anni fa Guardini osservava: “Non dobbiamo irrigidirci contro il nuovo, tentando di conservare un bel mondo condannato a sparire. E neppure cercare di costruire in disparte un mondo nuovo che si vorrebbe porre al riparo dai danni dell’evoluzione. A noi è imposto il compito di dare una forma a questa evoluzione…. Rimanendo sensibili… a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso.” Romano Guardini “Lettere dal lago di Como” (1959)
Adriana Nicastri
Per me la questione urgente è come prepararsi alla fine della vita. Avevamo cominciato un lavoro insieme, poi il Covid ha imposto una separazione sia nel gruppo sia con le nostre famiglie.
Negli ultimi mesi sia io sia mio marito abbiamo gravi problemi di salute, che hanno provocato dei momenti di disperazione; ma non sono mancati aiuti (gli Esercizi, le parole di mons. Camisasca ai funerali dei sacerdoti della Fraternità S. Carlo)
Ripropongo l’impegno alla ricerca del senso ultimo della vita.
Adriana Mascagni
Con il passare del tempo il tema della morte si impone a ciascuno. Io l’ho sempre avuto presente da quando ho avuto l’uso della ragione.
La morte è un proseguimento particolare della vita attraverso un passaggio di purificazione (liberazione da tutto quello che ci pesa addosso).
Fede, speranza, carità rimangono più forti. È la promessa che saremo finalmente con tutti, come quando nel primo incontro con il carisma ho fatto l’esperienza di un noi in cui il mio io stava benissimo. Oggi mi fa difficoltà la mancanza di questo noi, quando non c’è. La morte non mi spaventa: Dio voglia che ritrovi questo noi come mio io.
A proposito del Covid ricordo un’intervista RAI del 2015 che presentava una ricerca cinese per trovare un’arma biologica. La cattiveria del mondo non mi lascia in pace; andrei con la spada in mano contro il male, presente nelle logiche che stanno predominando nella nostra società.
Innocenza Laguri
Oltre il Covid il problema è il tempo che si fa breve. Per me le cose concrete sono quelle che tocco e vedo. Sottolineo due aspetti che c’entrano con il vivere adesso:
- stare su quello che più conta (l’attenzione ai rapporti con la famiglia, l’apertura generativa verso chi resta. In questo senso è importante il lavoro sui media, in particolare la questione degli influencer)
- scoprire e valorizzare i tentativi buoni che ci sono, spesso nascosti (i Nonni di Torino, il Convegno diocesano sulla pastorale familiare e altri incontri, la scoperta di possibili sinergie)
Infine imparare a guardarsi come morituri, apprezzandoci senza rimandare il riconoscimento del bene nell’altro a dopo la morte.
Sandra Farè
Osserva il vescovo Massimo Camisasca nel suo libro “Abita la terra e vivi con fede” (2020) che occorre cimentarsi nel difficile esercizio del tenere vive le domande che abbiamo sentito nascere su noi stessi, le relazioni con gli altri, il rapporto con l’ambiente, la società e il futuro in un tempo reso complesso dall’impatto con la pandemia. Torna sul tema nell’articolo “La lezione della pandemia. Senza la comunità non si può vivere “(Avvenire, 25 luglio 2020). Poiché in ogni evento c’è un richiamo, una voce, una vocazione, molto dipende da noi, da ciascuno di noi. Allora il primo compito è tenere vive le domande e le scoperte nate in noi nel tempo della pandemia, andando al di là della percezione di essere vittimizzati da un sistema violento, che si impone a furia di decreti totalitari, ci chiude in casa e ci allontana dai rapporti. Non possiamo vivere senza relazioni, che ridotte alla modalità virtuale diventano esclusivamente funzionali e impediscono la condivisione.
È nelle relazioni che possiamo scoprire la nostra vera identità, appartenente al popolo di Dio, unito profondamente nel Corpo di Cristo presente, che è la Chiesa.
“Allontanandosi da Dio l’uomo non diventa Dio ma si distrugge”.
La situazione ci ha messo tutti di fronte a un fatto con cui la società contemporanea rifiuta di fare i conti: la malattia e la morte; l’accanimento a cercare una via d’uscita perché “tutto torni come prima” ci impone l’imperativo “bisogna morire sani”.
“La nostra società porta dentro di sé la triste impressione che la morte sia la fine”.
Contro questo inganno la fede ci richiama all’essenziale, alla vita che non finisce “perché la morte non sia l’ultima parola e la preghiera un mero rito consolatorio” dice il cardinal Camillo Ruini nell’articolo “La morte non è l’ultima parola. Testimoniamo la resurrezione” (“Tempi”, 2020). La Chiesa ci propone il compito di testimoniare che con la morte non cessiamo di esistere in attesa di risorgere perché c’è in noi un’anima immortale e ci invita a prepararci al passaggio dalla vita presente alla vita piena.
Maria Re
Con il mio gruppo siamo seguendo le lezioni di Baricco sui temi: la pandemia non è una produzione mitica ma reale – come trarre dalla pandemia indicazioni di comportamenti pratici per il benessere del mondo in cui viviamo.
Giovanna Rossi
Sottolineo il tema del compito, altrimenti si cade nella disperazione. È un compito di rigenerazione di noi stessi e delle relazioni che abbiamo: il nostro futuro sarà pieno se ci sarà questa rigenerazione.
Peppino Zola
Sottolineo alcune cose dette:
- ci deve essere qualcosa che ci interessa più del Covid, che ha solo messo in luce la posizione che abbiamo;
- si tratta del senso della vita (salute, malattia, morte). È amore agli altri dire se l’abbiamo trovato. Mentre nella nostra società tutto è ridotto al Covid, noi sappiamo che il problema della salvezza è più grande del problema del Covid;
- due sono le modalità fondamentali per comunicarlo:
1. Non possiamo rimanere soli perché il senso della vita riguarda tutti (già il fatto di esserci messi insieme è un aiuto, telefoniamoci, incontriamoci);
2. Quanto più ci facciamo compagnia, tanto più diventa chiaro che dobbiamo prenderci responsabilità di tutto quello che di bello c’è nel mondo e opporci a tutto il male che c’è. Stare chiaramente di fronte a tutto il male che c’è nel mondo fa parte del riuscire ad andare oltre il Covid; - Cercare il senso della vita vuol dire non nascondersi nulla, neanche la morte e ringraziare il Signore e le circostanze della vita che ci hanno messo insieme.
La vita per essere tale deve essere eterna;altrimenti è un segmento senza senso se non pensiamo all’eternità come ad una semiretta che nasce e continua all’infinito.Covid o non Covid dobbiamo avere sempre in mente la salvezza eterna. Mi permetto di dire alla Chiesa che i parroci nelle omelie non facciano troppi svolazzi(ne bastano pochi)devono annunciare la sostanza ”opportune et importune”Covid o non Covid.Non temano di essere gufi pessimisti anzi cerchino di essere iniettori di speranze di vita futura.Purtroppo chi si immagina la vita una rincorsa del godimento e della felicità e fa tutto per questo scopo,poverino/a alla fine della corsa trova il giudizio del Signore che gli dirà che ha perso tempo.Anche se uno non crede,si deve sforzare per approfondire e credere;altrimenti ci rimarrà di stucco e non sarà più in tempo.
Questo non vuol dire che la il Cattolico sia un muso lungo;no; è realista più del RE.