Uno o due mesi a diretto contatto con i nipoti; questa è un’esperienza che tocca a molti di noi, quando subentriamo ai figli nella cura quotidiana dei nipoti abbandonati pro-tempore dai loro genitori occupati in città per lavoro.
E ne godiamo; che dire infatti della gioia di fare insieme la colazione del mattino con le loro faccine o faccette sorridenti, sporche di latte e Nesquik e della marmellata di mirtilli della nonna, con gli occhi ancora pieni di sonno, ma con l’aria di angioletti barocchi, e poi dei tanti altri momenti di intensa vicinanza: le chiacchiere innescate dai loro tanti “perché”, le preghiere dette insieme alla sera, il momento delle favole prima di addormentarli, ecc…
L’estate è senz’altro la stagione nella quale i nonni esplodono la loro energia nonnesca in tutte le sue immaginabili e inimmaginabili espressioni; dal babysitteraggio inteso nella sua più puntuale espressione (dall’attenzione che i nipoti più grandicelli non si facciano del male correndo per il prato, all’insegnare loro ad andare in bicicletta dopo aver tolto le rotelle, aiutandoli a costruire impossibili castelli di lego o quando ancora, impegnandosi nella delicata fase dello “spatellamento” (*) dei più piccoli e far apprendere loro il corretto uso di un bellissimo vasino con manubrio motociclistico, ecc., ecc.), alla fase educativa di maggior livello (approfittando anche della totale assenza di presenze genitoriali) che, a seconda dell’età dei nipoti cui ci riferiamo, va dal come si deve stare correttamente a tavola, a come ci si deve comportare “in società”, fino ad arrivare a dare consigli “sentimentali” nella stagione in cui cominciano a fiorire le prime simpatie amorose e tanto altro ancora.
Tutte esperienze, mi si dirà, già fatte con i propri figli, ma che allora non abbiamo apprezzato nella giusta misura, quanto invece oggi, pur con qualche senile brontolio, golosamente assaporiamo e delle quali non certo perderemo traccia, quando – se Dio vuole – ci ritroveremo in faccia i pargoletti di oggi, avviati alla laurea, al matrimonio o a chissà che.
Ma questa è cosa nota, che tutti noi stiamo vivendo.
Proviamo invece ora a metterci dalla parte dei nipoti: cosa possiamo immaginare stiano pensando di noi, quali saranno le cose che, fra le tante che gli diciamo e gli raccontiamo, rimarranno vive nelle loro memoria quando anche loro raggiungeranno la nostra attuale età?
Per farcene un’idea, approfittiamo dei pochi istanti di “solitudine” che questa intensa attività estiva ci può concedere, per ripensare ai nostri ahimè lontani ricordi dei momenti trascorsi a diretto rapporto con i nostri nonni. Appariranno come foto sgranate in bianco e nero, ma intrise di tenerezza, tanta quanta solo l’amore del nonno può riservare ai suoi nipoti.
Allora questa è l’idea: proviamo a mettere su carta e comunicarci questi ricordi, non per farci inumidire gli occhi scadendo in sentimentalismi inutili, ma per meglio comprendere l’importanza del nostro ruolo analizzando quanto di noi ci è stato trasmesso dai nostri nonni e ci ha fatto crescere.
E chissà se non potrà uscirne una raccolta di racconti da pubblicare.
(*) Se volete sorridere andate su Google. Digitando “come insegnare ai bambini a fare pipì nel vasino”, vengono indicati più di una dozzina di siti dove poter raccogliere informazioni al riguardo, con pareri di psicologi, educatori e tate professioniste, con suggerimenti che spaziano dal coinvolgere il pupo nella ricerca su eBay del modello di vasino da comprare, al consiglio dell’esempio: “sedersi” con lui in bagno, ognuno sulla sua postazione…