Quante ore passano sui videogiochi i ragazzi italiani? Sanno quando è bene smettere o è necessario l’intervento dei genitori? E giocano da soli in compagnia? E ancora, quali sono le reti sociali che usano di più? Usano un account con i propri dati o ricorrono a una falsa identità ? E per finire, quando guardano una serie tv, sanno porsi in maniera critica nei confronti dei contenuti, ad esempio per temi come l’amicizia e l’amore? Questi sono solo alcuni dei tanti interrogativi che sono stati oggetto del nuovo studio dal titolo Teen Usage Of New And Old Media: Formation & Family condotta recentemente dal team di ricerca di Familyandmedia.
Lo studio ha voluto mettere a fuoco le modalità e gli effetti della fruizione delle nuove tecnologie da parte degli adolescenti italiani, concentrandosi in particolare su tre aspetti:
- le serie tv;
- i videogiochi:
- i social network.
La ricerca è stata condotta nel corso del 2016 in varie città italiane (Perugia, Piacenza, Bari e Roma) in collaborazione con l’ANSPI (Associazione Nazionale Oratori San Paolo), su un panel complessivo di quasi 100 ragazzi e ragazze, equamente divisi tra maschi e femmine, di età compresa tra i 14 e i 20 anni. Tutte le informazioni sono state raccolte tramite attività di gioco, per favorire la naturalità e la spontaneità delle risposte, senza dichiarare ai ragazzi di essere in presenza di uno studio sociale.
A suggerire questo studio è stata la continua attenzione alla realtà quotidiana e alla sua osservazione sistematica che Familyandmedia porta avanti ormai da più di dieci anni, con particolare attenzione al mondo dei giovani. Osservare ogni giorno il comportamento dei ragazzi sull’autobus o per strada, concentrati al massimo sull’ultimo videogioco del momento o intenti a postare, chattare e a mandarsi emoticons e foto sui social networks, è stata un forte incentivo per approfondire con uno studio specifico il tema del rapporto tra giovani e tecnologie, provando una nuova variante metodologica oltre all’abituale focus group tipico della ricerca sociale: quella del gioco che consente una naturalezza nel comportamento e nelle risposte da parte dei ragazzi, che deriva dal fatto di essere osservati senza avvertenza.
L’obiettivo finale dello studio non è semplicemente quello di raccogliere una mole di dati, ma di andare ben oltre, offrendo una guida e un orientamento teorico ma anche pratico agli insegnanti, ai formatori, agli educatori e ai genitori per costruire qualcosa che ancora manca nello spazio pubblico attuale: una cultura del digitale.
Per cultura del digitale non si intende solo la conoscenza teorica o tecnica dei media moderni, ma la volontà e la capacità di saper costruire un rapporto sano, libero, consapevole ed equilibrato con gli strumenti tecnologici che sono ormai diventati delle vere e proprie estensioni artificiali del nostro corpo. Cultura del digitale vuol dire sapere quando è il momento opportuno per spegnere l’I-Pad o il telefonino, o saper discernere i messaggi positivi e negativi di una serie tv.
Al centro di tutto vi è la necessità di insistere sulla formazione del carattere e delle virtù, messo in disparte dal modello educativo dominante a favore di un psicologismo morbido e di un nozionismo povero. Il carattere di un adolescente forgiato sulle virtù, lo renderà non solo forte e pronto di fronte ai tanti ostacoli della vita, ma anche capace di costruire un rapporto libero ed equilibrato con persone e oggetti, senza farsi prendere dall’infelicità del possesso. Un giovane ben formato, sarà a sua volta da adulto un buon formatore per i suoi figli e per tanti altri ragazzi, capace di trasmettere valori e di essere da guida su grandi temi come l’amore, l’amicizia, la lealtà, la fiducia.
Cosa offre questa ricerca?
Questa ricerca vuol essere uno spunto di riflessione sul tema del rapporto tra tecnologia e adolescenza in particolare per tutti coloro che lavorano nel mondo dell’educazione e che si occupano di ricerca e formazione giovanile.
Non pensate ad una ricerca che offra tabelle, grafici, statistiche e percentuali. Immaginatevi, piuttosto, dei ragazzi in carne ed ossa che, con spontaneità ed entusiasmo, vi raccontano qualcosa di loro e del proprio modo di vedere la vita. Lo scopo? Pensare e ispirare contenuti e programmi educativi che nascano proprio dal confronto con questi giovani.