Nonni e Catechismo

I RICORDI DI PIETRO

Nonni e Catechismo Riflessioni

Pietro stava riposando, seduto all’ombra di un melograno, nel piccolo cortile della casa del vasaio. Era arrivato da poco a Roma: la capitale dell’impero! Qui c’era una piccola comunità di gente semplice: artigiani, come il vasaio che lo ospitava, operai che lavoravano al porto fluviale sul Tevere, qualche schiavo delle nobili famiglie, qualche soldato. Seguivano l’insegnamento del Signore e lo avevano accolto con entusiasmo quella mattina perché avevano un gran bisogno della testimonianza di uno che il Signore lo aveva conosciuto direttamente. Lui li aveva salutati uno per uno, aveva ascoltato le loro storie e le loro fatiche, aveva pregato insieme a loro e consacrato il pane dell’Eucarestia per loro: da molti anni questo era lo scopo principale dei suoi lunghi e faticosi viaggi. Poi avevano mangiato insieme e fatto festa proprio lì, nella casa del vasaio…. Ora Pietro era stanco: era vecchio, ormai, e si godeva il tepore e la tranquillità che era tornata nel cortile dopo che tutti se ne erano andati. Veramente “tranquillità” era una parola non del tutto adatta, visto che i quattro figli del vasaio (cinque, sette, nove e undici anni!) stavano giocando con le biglie proprio lì, gridando forte per incoraggiare ogni lancio! Pietro socchiuse appena le palpebre, sentendo quello strepito infantile, e subito gli venne da sorridere: gli era venuto in mente che una volta, in una situazione simile, lui e gli altri apostoli si erano lamentati con Gesù a causa di alcuni bambini che giocavano lì vicino:

“Insomma bambini giocate più lontano… non ci fate nemmeno sentire quello che dice il Maestro…”

Ma Gesù li aveva lasciati tutti di stucco:

“I bambini non mi disturbano con i loro giochi – aveva detto – lasciate che i piccoli vengano a me, sono venuto anche per loro!”

Sorrideva, Pietro; ma:

“Ahi!!!” una biglia era rimbalzata proprio sulla sua caviglia!

“Scusa, scusa, scusa Pietro! Non l’ho fatto apposta; la biglia è rimbalzata male…”

Pietro aprì gli occhi e mise a fuoco il visetto di un bambino incorniciato da riccioli scuri che lo guardava un po’ imbarazzato.

“Non preoccuparti, malgrado tutto non mi hai azzoppato – disse Pietro, sorridendo – come ti chiami?”

“Sono Marco, e ho sette anni” rispose rassicurato il bambino.

“E non avresti dovuto giocare così vicino a Pietro: la mamma lo aveva detto che dovevamo lasciarlo riposare! – a parlare era stata una bambina di circa nove anni – e io mi chiamo Clelia”, concluse.

Anche gli altri due fratelli si avvicinarono pian piano: due maschi e due femmine, diversi per espressione ed età, ma molto simili: con grandi occhi scuri e capelli ricci. La bimba più piccola si accoccolò davanti a quel signore anziano, vestito in modo inconsueto, che i suoi genitori ospitavano con tanta gioia e chiese:

“Ma è proprio vero che tu hai conosciuto Gesù?”

“Ma dai, Livia… che domande fai? Papà e mamma ci hanno raccontato tante volte la storia di Gesù e dei suoi amici, gli apostoli.” A parlare era stato il maggiore dei fratelli; poi, rivolto direttamente a Pietro, continuò, con il tono di chi, grande, sa già di conoscere il mondo: “In questi giorni, poi, ci hanno parlato tanto di te Pietro, di come tu sia stato sempre vicino a Gesù e di come Lui ti abbia scelto per essere capo della Chiesa…”.

“Già! Non me lo sarei mai immaginato!” Pietro assentiva, ancora stupito per quella scelta, di tanti anni prima… Poi, rivolto al bambino più grande: “E tu chi sei?”

“Sono Mario, il figlio maggiore del vasaio” rispose il ragazzino, piazzandosi dritto davanti a Pietro e gonfiando il petto con orgoglio davanti al suo sguardo affettuoso.

“Posso chiederti una cosa, Pietro? Ci sto pensando da un po’ – domandò Clelia, un po’ titubante.

“Ma certo”, le rispose Pietro, incuriosito e divertito insieme.

“Tu sei stato tanto tempo con Gesù e ora sono già passati molti anni…”

“Circa trenta: sono davvero tanti…” la interruppe Pietro.

“Già – riprese la bambina – allora qual è il ricordo più caro che hai di quei giorni? Quello che non dimenticherai mai?”

Pietro divenne improvvisamente serio, e chiuse per un attimo gli occhi: non si aspettava certo una domanda così impegnativa! Però non voleva dare una risposta superficiale; ai bambini non si può e non si deve mentire: loro capiscono benissimo quando vengono ingannati o presi in giro. In effetti nel suo cuore sapeva perfettamente qual era il ricordo che gli era rimasto impresso in modo indelebile, ma era un ricordo difficile da raccontare… bisognava trovare le parole giuste… Cercò quindi di prendere tempo.

“Conoscete bene la mia storia – disse dunque – Voi quale episodio citereste se foste al mio posto?”

Marco subito rispose: “Per me è facile: io parlerei del giorno in cui hai incontrato Gesù per la prima volta!”

“Eh sì, hai ragione – riconobbe Pietro – quello è stato davvero un giorno indimenticabile.”

“Lo credo bene – lo interruppe Marco – allora facevi il pescatore, vero?

“Sì, certo: avevo il mio lavoro, la mia famiglia, ma mi sembrava che nella mia vita mancasse qualche cosa… Avevo già sentito parlare di Gesù e mio fratello spesso seguiva Giovanni Battista: proprio lì aveva incontrato Gesù e aveva passato con Lui un’intera giornata, fino alle quattro del pomeriggio… me lo ricordo ancora. Poi era venuto da me e mi aveva detto che seguendo Lui avremmo potuto trovare quello che cercavamo.”

“Allora i fratelli più grandi sono importanti!” affermo con entusiasmo Mario, il maggiore.

“Altro che! Il mio si chiama Andrea. Il giorno dopo, mentre pescavo, Gesù mi ha chiamato per nome: Simone! (era il mio nome, allora). Non mi conosceva, non mi aveva mai parlato, eppure mi chiamava per nome. Io pensai subito: “Vuol dire che ci tiene a me!” E mi proponeva un compito strano: diventare pescatore di uomini! Allora non avevo capito cosa volesse dire, ma mi sembrava una avventura affascinante! Sì, è proprio un bel ricordo… ma non è quello a cui pensavo io…”

“Mamma e papà ci hanno raccontato che il giorno dopo Gesù ha guarito tua suocera”, intervenne Clelia.

“E anche quello è un momento bello da ricordare: tra l’altro lei era quella a cui mi sentivo di affidare la mia famiglia allontanandomi con Gesù. Ma soprattutto è stato il momento in cui ho capito che Gesù poteva davvero fare cose grandi che nessun altro avrebbe potuto fare: essere amico suo poteva diventare un’avventura straordinaria. Pensate a quanti miracoli ha fatto poi… Sì, un bel ricordo…ma…”

“Non è quello a cui pensavi tu”, dissero i quattro fratellini in coro, scoppiando poi a ridere.

“Ma certo – riprese Mario, tutto serio, battendosi una mano sulla fronte come se avesse fatto una grande scoperta – sono convinto che i ricordi più eccezionali siano quelli legati alla resurrezione di Gesù. Come quando tu e Giovanni siete corsi per vedere che cosa era successo davvero…”

“Quel giorno! Forse il più importante della mia vita! È vero: correvo con Giovanni, ma lui era più giovane di me e correva più veloce. Però quando siamo arrivati al sepolcro e ha visto che era aperto, si è fermato di colpo, aspettando che entrassi io per primo. Forse aveva un po’ di paura, perché non sapevamo bene che cosa aspettarci: le donne ci avevano riferito che un angelo le aveva avvertite che Gesù era risorto, ma a noi sembrava troppo bello per crederci, ed eravamo davvero un po’ intimoriti…”

“Male! – intervenne ridendo Clelia; e aggiunse, con la saggezza dei suoi nove anni – Bisogna sempre dar retta alle donne!”

“Uuuh” intonarono in coro i due maschietti.

“Ha ragione Clelia – Pietro sorrideva convinto – avremmo dovuto fidarci di quelle donne: avevano voluto molto bene a Gesù, lo avevano seguito sempre, anche più fedelmente di noi, ed erano sempre state attente a Lui, perfino nelle cose più semplici. Ma come si faceva a credere a una cosa così straordinaria? E invece era proprio vero: poi, quel giorno stesso ce lo siamo trovato improvvisamente tra noi, che ci parlava e ci rassicurava… abbiamo perfino mangiato e bevuto con lui, e scherzato! Sì. Probabilmente quello è stato il giorno più importante, ma…”

“Non è il ricordo giusto!” sorrise Clelia.

Pietro si rivolse alla più piccolina: “E tu? A quale episodio pensi?”

“Al tuo posto credo che mi ricorderei per sempre di quel giorno… quando Gesù ti ha salvato mentre stavi per annegare: hai rischiato di morire, quella volta!”

“Davvero! – Pietro annuiva, ridacchiando – hai ragione, piccolina: ho proprio rischiato grosso! E tutto perché non mi sono fidato di Gesù: avevo ben capito che anche io potevo camminare sull’acqua se me lo diceva Lui. Ma poi ci ho ripensato: avevo in mente solo quello che mi sentivo in grado di fare io, non quanto Lui fosse straordinario! … E forse questo ci avvicina a quello che davvero è il ricordo che mi è rimasto più impresso nel cuore.”

“Allora? Qual è? Raccontacelo!” chiesero tutti insieme.

Pietro li guardò a lungo, serio, in silenzio; poi incominciò a parlare lentamente, guardando un punto indefinito davanti a sé, completamente immerso nei suoi ricordi.

“Era mattino presto. Gesù era già risorto ed era stato con noi due volte: la domenica della resurrezione e quella successiva, quando c’era anche Tommaso, ricordate?”

“Sì certo: Tommaso, quello che non ci voleva credere…” confermò Marco.

“E non era mica facile crederci, per noi che lo avevamo visto morire… – riprese Pietro, con un piccolo sospiro – Ma Gesù ha avuto la pazienza di convincere anche Tommaso, che è una bella testa dura… – e con un tono molto pensieroso aggiunse – in realtà ha avuto pazienza con ciascuno di noi…  Ma come vi stavo dicendo, Gesù era già risorto, e noi non ci avevamo capito molto. Non avevamo idea di che cosa ci aspettasse: ci aveva detto, sì, che avremmo dovuto portare il suo messaggio di vita e di bontà in tutto il mondo. Ma come? Eravamo in gran parte dei semplici pescatori, e quella mattina eravamo pure stanchi perché la sera prima, non sapendo cosa fare, eravamo andati a pesca, faticando tanto e prendendo… niente! Ed ecco, Gesù era lì, sulla riva; ma la riva era lontana e non ci aspettavamo certo di vederlo in quel momento: così non avevamo capito che era Lui. Ci proponeva di mangiare insieme, ma non avevamo nulla… e Lui, invece di andarsene o di criticarci perché non eravamo stati capaci neppure di pescare (noi! Pescatori di mestiere!), ci disse soltanto di gettare ancora le reti…

“E voi lo avete fatto?” chiese Mario.

Pietro si strinse nelle spalle: “Non avevamo niente da perdere: così lo abbiamo fatto, e abbiamo pescato un sacco di pesci! Io, a quel punto, pensai che solo il Signore sarebbe stato capace di prendersi cura di noi in un momento in cui eravamo così scoraggiati: ho gridato a tutti che quello era il Signore e mi sono buttato in acqua.

“Questa volta però nuotando!” disse Livia seria, mentre tutti scoppiavano a ridere.

“Certo nuotando: non ho più provato a camminare sull’acqua! – riprese ridacchiando Pietro – Man mano che ci si avvicinava, anche gli altri lo riconobbero: pensate che Lui, aspettando il nostro arrivo, aveva già preparato il fuoco per cuocere il pesce alla brace e mangiare con noi! Quella volta siamo stati insieme con Gesù così semplicemente, quasi rilassati, godendoci la Sua presenza tra noi, in una bella giornata di sole…

“Una bella giornata, certo. Ma perché così importante? – chiese Mario, pensieroso, cercando di capire dove potesse andare a parare il racconto di Pietro

Pietro si rabbuiò un po’ in volto. Poi riprese: “Sapete, quando Gesù era risorto, e lo avevo incontrato, e gli avevo parlato, avevo provato una gioia incredibile, grandissima. Eppure, in fondo… – ma proprio in fondo – sentivo una nota di amarezza che mi pesava sul cuore: nel momento più difficile per Lui, io lo avevo tradito… “

I bambini sobbalzarono. “Come è possibile?” e “Ma quando?!” si ripetevano l’un l’altro, increduli. Pietro fece cenno a loro di tacere e continuò:

“Ma ecco che proprio in quel pomeriggio, in cui tutti eravamo sereni e rilassati, Gesù si rivolge a me e mi chiede: ‘Simone, tu mi ami più di costoro, più degli altri apostoli?’ E io, senza pensarci un attimo, gli rispondo: ‘Certo Signore: tu lo sai che ti voglio bene’. Era la risposta che mi era venuta subito dal cuore, senza pensarci. Ma Lui mi ripete la stessa domanda, e allora io mi sono sentito morire dentro: Gesù lo sapeva che lo avevo tradito e me lo aveva perfino detto in anticipo.”

“Quando?” chiese sottovoce Marco.

“Nell’ultima cena, poco prima del suo arresto. Quando ci aveva avvertito che quella notte Giuda lo avrebbe consegnato ai soldati e che tutti noi ci saremmo sentiti spaventati e deboli, io avevo dichiarato che non lo avrei mai abbandonato. Per tutta risposta mi aveva detto: ‘Prima del canto del gallo mi avrai tradito tre volte’. C’ero rimasto male: mi sentivo così coraggioso, così sicuro di me… Però, dopo l’arresto, lo seguii di nascosto nel cortile della casa del Sommo Sacerdote e per tre volte le persone che si erano raccolte lì mi accusarono di essere uno dei seguaci di Gesù. Nel mio cuore avrei voluto rispondere: ‘Certo! È un uomo buono e innocente! Sono pronto a morire per Lui ’: invece le parole che mi uscirono di bocca per ben tre volte furono: ’Non ho mai conosciuto quell’uomo’. Ero così spaventato… e anche pieno di vergogna! A quel punto il gallo cantò… mi ritrovai solo, nascosto, a piangere ricordando le Sue parole.  Adesso Lui era lì, davanti a me, che mi stava chiedendo per la seconda volta: ‘Simone mi ami?’…e io non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia mentre, con un filo di voce, gli rispondevo: ‘Certo Signore; ‘Tu lo sai che ti voglio bene’. Ma nel mio cuore questo significava: ‘Ti voglio bene come posso, nel modo piccolo di cui sono capace… con tutti i miei errori…di cui mi vergogno tanto”.

A questo punto Pietro rimase in silenzio, mentre una lacrima scendeva sulla sua guancia rugosa, senza che lui nemmeno se ne accorgesse.

Livia gli accarezzò piano la mano, mentre Clelia, accoccolandosi al suo fianco, gli diceva con dolcezza: “Ma allora è un ricordo triste…”

Subito Pietro sollevò il capo e li guardò intensamente, tutti e quattro, con uno sguardo pieno di luce: “Oh no, no, bambini miei! Non è affatto un ricordo triste. Sapete che cosa accadde allora? Quando finalmente trovai il coraggio di alzare gli occhi e di incrociare il Suo sguardo, mi accorsi che Lui mi sorrideva!  Ancora, per la terza volta, mi chiese: ’Mi vuoi bene?’ Ma me lo chiedeva sorridendo, capite? Sapeva come sono fatto e conosceva tutti i miei difetti, tutti i miei tradimenti… ma non gli importava, perché Lui mi voleva bene così come ero! Mi voleva bene e sapeva che ero stato sincero in quel momento come lo ero stato quella volta che gli avevo detto che non avrei mai potuto allontanarmi da Lui, perché solo nelle sue parole trovavo la verità della vita. Così gli risposi: ‘Signore, Tu conosci tutto: Tu sai che ti voglio bene’. Sapete la cosa strana? Non mi era mai capitato di sentirmi così leggero, così libero, così amato! E fu proprio a quel punto che Gesù mi disse: ’Pasci le mie pecore’: cioè prenditi cura tu di tutto il mio gregge, di tutti i miei fedeli. Insomma, mi affidò la guida della Sua Chiesa: non perché fossi il più bravo o il più intelligente, o il più forte, o il più coraggioso, ma solo perché gli volevo davvero bene. E sapeva che solo per questo mi sarei sempre fidato di Lui e avrei cercato, con la parte migliore di me, di essere come il Signore mi voleva: per aiutarlo a realizzare il progetto buono che Lui ha nel Suo cuore per tutto il mondo. Cosa c’è di più bello per un cristiano?”

Detto questo, Pietro fece cenno a tutti loro di avvicinarsi e li abbracciò forte.

E nessuno dei fratelli, crescendo, dimenticò mai l’incontro con Pietro e quell’abbraccio.

Laura Galvan