Nicodemo era preoccupato. Anzi, mentre scendeva dal Tempio verso la sua casa e percorreva a passi veloci il lastricato delle vie di Gerusalemme, era decisamente più che preoccupato.
“Qui a Gerusalemme sono in troppi ad essere assetati di sangue!” borbottò a un certo punto, senza interrompere il cammino. Non faceva nemmeno caso all’espressione perplessa della gente che incrociava: era una persona anziana, importante e rispettata, lui… in molti facevano affidamento sulla saggezza dei suoi giudizi nel Tempio… eppure ora lo guardavano sbigottiti, vedendolo camminare di furia, quasi fuori di sé. Ma a Nicodemo non importava, anzi, non se ne accorgeva nemmeno, perché era davvero furibondo.
Era l’ultimo giorno della Festa delle Capanne, e Nicodemo si era recato al mattino presto nel Tempio, riconosciuto e riverito da tutti perché era un membro del Sinedrio e un dottore della Legge. Quel mattino però nel Tempio la gente sembrava non fare altro che parlare di Gesù di Nazaret. C’era chi lo esaltava, affermando a gran voce che era un grande profeta, o, addirittura, il Messia… e Nicodemo non poteva fare a meno di pensare che c’era sempre chi era disposto a credere che qualunque bravo predicatore potesse essere il Messia che avrebbe liberato Israele! Ma c’erano anche tanti altri che gli erano ostili e girava voce che l’unica soluzione per metterlo a tacere fosse quella di ucciderlo intanto che era a Gerusalemme. Persino nel Sinedrio si parlava apertamente di questa possibilità e si diceva che avessero pagato delle guardie per farlo uccidere. Nicodemo si rifiutava di credere a quelle voci. Eppure… Non poteva non insinuarsi in lui il dubbio che davvero molti membri del Sinedrio la pensassero così: li aveva sentiti con le proprie orecchie confabulare con alcune guardie, e arrabbiarsi con loro perché non avevano già arrestato o persino ucciso quel Gesù, impedendogli definitivamente di predicare e di operare presunti “miracoli. Nicodemo si era indignato profondamente per quelli che lui si ostinava a considerare soltanto malevoli pettegolezzi:
“La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?” aveva tuonato in mezzo a loro. La Legge avrebbe dovuto essere la roccia incrollabile su cui orientare il comportamento: questa era la sua convinzione profonda e, fino a quel momento, era stato sicuro che tale criterio fosse condiviso da tutti nel Sinedrio; invece proprio lì si era sentito rispondere:
“Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge nessun profeta!”
A dir la verità, neanche Nicodemo aveva una grande stima dei Galilei, ma sentirsi rimproverare come un ignorante qualsiasi… lui, un dottore della Legge! … un membro anziano del Sinedrio che era sempre stato rispettato da tutti … questo proprio non poteva sopportarlo: aveva fulminato con lo sguardo l’uomo che aveva osato offenderlo in quel modo, gli aveva voltato le spalle con sommo disprezzo e se ne era andato pieno di indignazione. Man mano che scendeva verso casa, però, l’indignazione si era fusa sempre più con la preoccupazione: in tanti avevano parlato di uccidere quel predicatore.
“A Gerusalemme sono in troppi ad essere assetati di sangue!”: questo pensiero continuava a ronzargli nella mente: “La violenza genera solo altra violenza: cosa credono di fare quelli lì? Fin dove avranno il coraggio di spingersi, contravvenendo la Legge del Signore? Senza il rispetto della Legge non ci può essere né verità né giustizia! A quali disgrazie rischiamo di andare incontro?”. Troppe domande senza risposta si accavallavano nei suoi pensieri.
Ormai Nicodemo era arrivato a casa. Cercò di schiarirsi le idee ristorandosi con dell’acqua fresca e andò a sedersi nel cortile sul retro della casa, all’ombra di un fico.
Gesù di Nazaret… nessuno di quelli con cui aveva parlato quella mattina lo sapeva, ma lui lo conosceva, lo aveva incontrato circa due anni prima. In effetti era stato un incontro molto strano, che gli aveva lasciato impressioni contrastanti e anche un po’ confuse. Così ora, nel suo cortile, all’ombra, cercò di mettere un po’ di ordine nei suoi ricordi.
Nicodemo aveva sempre cercato di conoscere cose nuove, e per lui era un punto di onore esprimersi in modo equilibrato sulle notizie dei fatti che accadevano. Circa due anni prima, nei giorni intorno alla Pasqua, tutti parlavano del nuovo predicatore che era arrivato a Gerusalemme dalla Galilea: si diceva che con le sue parole fosse in grado di convertire le folle, proponendo un messaggio che non sembrava contrastare con la Legge: sembrava piuttosto arricchirla, o approfondirla. Si proponeva ai suoi discepoli come uno che possiede la Verità, e predicava la bellezza di una conversione che coinvolgesse il cuore e la mente, non solo il comportamento esteriore. A sentire i suoi sostenitori era anche capace di compiere opere straordinarie. Inoltre, appena arrivato a Gerusalemme, aveva cacciato via dal cortile del Tempio tutti i commercianti che avevano trasformato quel luogo in un vero e proprio mercato dove si poteva acquistare di tutto: dai generi di conforto per i pellegrini agli animali da offrire in sacrificio… e, per dirla tutta, quest’ultimo gesto non dispiaceva affatto a Nicodemo!
Così Nicodemo aveva deciso che doveva incontrare Gesù di persona, per farsene un’opinione più chiara, discutendo della Legge e dell’interpretazione delle profezie. Lo aveva incontrato di notte perché, in fondo, lui era un personaggio conosciuto nel mondo dei farisei e non voleva compromettersi troppo prima di aver capito bene che tipo fosse Gesù. In effetti quello che chiamavano “il Maestro” doveva aver capito il suo imbarazzo, perché aveva accettato di riceverlo a tarda ora senza fare obiezioni. Nicodemo, incoraggiato da tanta disponibilità, aveva subito cercato di impostare una dotta discussione sui testi sacri, cercando di ingraziarsi il suo interlocutore riconoscendo la grandezza e l’origine divina delle sue opere, ma quell’uomo aveva immediatamente modificato il tono dell’incontro, spostandolo su un piano differente con una frase misteriosa:
“Se uno non nasce dall’alto… o di nuovo? – Nicodemo non era sicuro di ricordare le parole precise di Gesù – non può vedere il regno di Dio”.
Nicodemo era assolutamente sconcertato: non si era aspettato che la loro conversazione prendesse una piega simile. Lui era già ben avanti negli anni e Gesù gli diceva che doveva nascere di nuovo? E il Maestro aveva continuato su questa linea:
“Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel Regno dei cieli, perché quello che è nato dalla carne è carne, mentre quello che è nato dallo Spirito è spirito; e lo Spirito è come il vento: soffia dove vuole!”
Nicodemo non ci si raccapezzava più! Rinascere, e rinascere dallo Spirito, per vedere il Regno dei cieli… Ma che cosa significavano quelle parole? Gli sembravano soltanto un’accozzaglia senza senso: tornare a nascere, lui che era già vecchio?! E nascere dallo Spirito? Il peggio era stato che, di fronte all’incomprensione di Nicodemo, Gesù aveva insistito ancora:
“Noi – e si riferiva a sé e ai suoi discepoli – parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto. Voi – i farisei – non accogliete la nostra testimonianza!”
Per Nicodemo era quasi scandaloso: in concreto gli sembrava che stesse dicendo che tutta la sua saggezza e la sua conoscenza delle sacre Scritture e della Legge non contava nulla, perché contava solo la capacità di guardare con occhi limpidi la testimonianza offerte dalle opere di Gesù… ma perché mai?
E poi aveva concluso in un modo ancora più strano, dicendo che gli uomini rifiutavano il suo messaggio, un messaggio frutto dell’amore di Dio, perché preferivano le tenebre alla luce.
A questo punto Nicodemo se ne era andato, con molta confusione nel cuore e nella testa… e anche un po’ offeso: si era recato da Gesù per discutere con lui della Legge, per capire se quella predicazione era compatibile con la sua conoscenza delle Scritture e se le opere straordinarie che quell’uomo compiva erano davvero opere di Dio come sembrava: insomma voleva uno scambio di conoscenze da “maestro” a “maestro”; invece lui gli aveva parlato di rinascita, dello Spirito, di tenebre che gli uomini preferivano alla luce…
Ricordando tutto questo, ora, sotto il fico, Nicodemo non riuscì a trattenere un sorrisino amaramente autoironico: doveva riconoscere che, malgrado il disorientamento e la delusione che aveva provato allora, non era mai riuscito a dimenticare quel colloquio. Ci aveva ripensato molte volte e, sorprendentemente, col tempo si era reso conto che le parole di Gesù si erano dimostrate una specie di risposta imprevista a domande che proprio dopo quel colloquio erano emerse nella sua coscienza.
Rinascere, lui che era vecchio: già… guardando alla sua vita era abbastanza soddisfatto dell’esistenza che aveva condotto, della posizione che aveva raggiunto, del rispetto di cui godeva nella sua cerchia di conoscenze. Eppure dietro quel suo desiderio di cose nuove non c’era forse l’insoddisfazione di fronte al suo sentirsi ormai definitivamente “arrivato”? Proprio nel fondo, c’era la speranza di poter dare alla sua vita una svolta radicale, che gli consentisse di guardare il mondo in una prospettiva davvero nuova. Ma era disposto a mettersi davvero in gioco, senza usare l’esperienza passata come un alibi per non rischiare ancora, alla sua età?
E non è forse vero che lo Spirito del Signore è il solo a poter generare qualcosa di realmente nuovo nella vita? “Anche nella vecchiaia: pensa ad Abramo…” mormorava a se stesso.
E non è che perfino la lettura delle Scritture a volte era diventata per lui una specie di alibi per guardare il mondo partendo dalle sue sicurezze, dalle idee su cui aveva sempre fatto affidamento, impedendogli di avere uno sguardo davvero limpido sulla realtà?
Forse le tenebre non erano solo quelle dell’oscurità della notte in cui aveva incontrato Gesù, ma erano quelle che gli impedivano di affrontare ogni nuovo giorno come un dono dell’amore del Signore: non a caso Gesù aveva detto: “Dio ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
C’era voluto molto tempo per arrivare a questa consapevolezza, come aggiungendo un tassello dopo l’altro in un grande mosaico. Ora però per la prima volta vedeva tutto ciò con chiarezza: probabilmente era questo il motivo per cui si era così indignato quella mattina al Tempio: l’uomo che i farisei progettavano con tanta leggerezza di uccidere era certamente un uomo mandato da Dio; poteva cambiare la vita di chi lo incontrava.
Basta! Non sopportava più di rivedere le facce di quei farisei, di sentire le voci maligne della gente di Gerusalemme: si sarebbe trasferito per un po’ fuori città, sarebbe andato a casa di sua figlia Sara. Lì, a contatto con l’innocenza dei suoi nipotini e grazie alla devozione di sua figlia sarebbe forse riuscito a dimenticare le “sete di sangue” di Gerusalemme.
Era passato del tempo: era ormai imminente la festa di Pasqua e Nicodemo era ancora ospite di sua figlia, in una casa a poche miglia di distanza dalla città. Sara era ben contenta di ospitarlo, tuttavia lo guardava con preoccupazione: da quando era rimasto vedovo, suo padre aveva nello sguardo un velo di tristezza; di solito, però, la vicinanza dei nipoti lo rasserenava. Ora, invece, il suo sguardo era spesso perso nel vuoto, come se inseguisse preoccupazioni lontane ma sempre presenti nella sua mente: però non le aveva mai confidato la causa di questa inquietudine. Nicodemo si era accorto della preoccupazione di sua figlia, ma non se la sentiva proprio di spiegarle che, in fondo, si sentiva colpevole per essersi allontanato da Gerusalemme: come se con questa decisione avesse rinunciato a difendere Gesù, malgrado il pericolo che sentiva addensarsi sul capo di un uomo innocente.
Un giorno, alle prime ore del mattino, arrivò alla casa di Sara un servitore a cui Nicodemo aveva dato incarico di portare periodicamente notizie di ciò che accadeva in città. Quel giorno il servitore arrivò tutto trafelato: evidentemente portava notizie importanti.
“Bevi un po’ d’acqua e prendi fiato: altrimenti non riesci nemmeno a parlare – gli disse Nicodemo, accogliendolo – È dunque successo qualcosa di così importante a Gerusalemme?”
“Oh sì – rispose il servo, ancora ansimante – le guardie… hanno catturato quel Gesù di Nazaret… e il Sinedrio… e Pilato… lo hanno condannato a morte… Quando sono partito stavano già per trascinarlo in cima al Golgota e metterlo in croce!”
Nicodemo si sentì gelare. Si era realizzata la sua paura più grande: Gesù era stato catturato! Lo avrebbero ucciso, e lui non aveva saputo fare niente per difenderlo. In un colloquio strano, di notte, quell’uomo aveva cambiato la sua vita, ma lui non aveva cercato di proteggerlo: era fuggito. Ora doveva tornare in città, doveva fare qualcosa per lui, per dimostrargli la sua gratitudine e il suo affetto, anche se ormai sarebbe stato tutto inutile. Nicodemo conosceva bene le abitudini di Gerusalemme. Quel giorno era venerdì e al tramonto sarebbero incominciate le celebrazioni per il sabato della festa di Pasqua: di certo le autorità cittadine non avrebbero lasciato esposto in piena vista il corpo di un condannato a morte in questa circostanza. Bisognava perciò provvedere in fretta alla sepoltura: certamente i suoi parenti o i suoi discepoli non avevano grandi mezzi a loro disposizione per rendere onore al corpo di un uomo così grande e buono. A questo punto a Nicodemo non importava più di essere visto da tutti mentre gli rendeva onore. Si mise subito in viaggio per raggiungere il Golgota e appena entrato nelle mura acquistò una gran quantità di oli profumati e di unguenti a base aloe e mirra per poterlo seppellire con gli onori riservati ai personaggi più importanti. Si affrettò al massimo per arrivare prima del tramonto, e giunto alla croce, trovò Maria, la madre di Gesù, e Giuseppe di Arimatea, un fariseo di cui si diceva che fosse diventato un seguace di Gesù. Insieme lo trasportarono in un sepolcro nuovo e lì lo lasciarono, con le bende e gli unguenti: avrebbero completato i riti funebri il giorno dopo il sabato, come richiedeva la Legge. Il sole ormai era tramontato e ognuno si allontanò per la propria strada, in silenzio.
“Ecco, tutto è finito” pensò Nicodemo, voltandosi un’ultima volta verso il sepolcro prima di dirigersi a casa.
Passò una settimana, poi un’altra e un’altra ancora. Nella citta si fecero sempre più insistenti voci a cui Nicodemo non riusciva a credere: Gesù era risorto. Era apparso vivo ai discepoli, alle donne che lo avevano accompagnato insieme a Maria nei suoi viaggi, a centinaia di discepoli che si erano radunati per vederlo… Come credere a tutto questo? Solo la potenza di Dio avrebbe potuto farlo risorgere! Impossibile! Eppure…
Erano passati cinquanta giorni dalla domenica dopo la festa di Pasqua e a Gerusalemme si festeggiava la Pentecoste. Percorrendo la via per giungere al Tempio, Nicodemo vide in una piazza un uomo che si rivolgeva alla folla radunata intorno a lui: c’era molta gente ad ascoltarlo, anche persone che provenivano da luoghi lontani e parlavano lingue diverse, eppure tutti comprendevano le parole di quell’uomo. Nicodemo lo guardò con più attenzione e riconobbe che a parlare era un pescatore che aveva visto spesso tra i seguaci di Gesù: gli era sempre sembrato uno semplice, di poche parole, un po’ rozzo. Eppure ora si esprimeva con una decisione e una chiarezza che coinvolgeva tutti gli ascoltatori:
“Ascoltate: Dio ha reso testimonianza a Gesù di Nazareth, facendo in modo che potesse operare in mezzo a voi tanti miracoli; ma voi lo avete crocifisso! Ebbene, quest’uomo Dio lo ha risuscitato, perché non era possibile che i lacci della morte trattenessero il Signore della vita.”
Citava anche le Scritture, e con grande proprietà:
“Fratelli, lasciatemi dire che il re David profetizzò la risurrezione del Messia, del Cristo: cioè di quel Gesù che Dio ha risuscitato, e tutti noi ne siamo testimoni. Sappiate dunque con certezza che Dio ha stabilito che proprio questo Gesù, che voi avete crocifisso, sia Signore e Cristo, il Messia che annuncia la salvezza per tutti.”
E finalmente Nicodemo sentì rinascere nel suo cuore la speranza: Gesù era veramente il Signore della vita, che la morte non aveva potuto tenere in suo dominio. E anche per lui, già anziano, era possibile dunque iniziare una nuova vita: perché Gesù, che ora anche lui riconosceva come il Messia e il Figlio di Dio, non aveva abbandonato gli uomini, ma continuava a vivere tra coloro che credevano in Lui, nella Sua Chiesa.
N.B. Nicodemo è venerato come santo, insieme a Giuseppe d’Arimatea, sia dalla Chiesa Cattolica, sia dalla Chiesa Ortodossa. Per i cattolici la loro festa ricorre il 31 agosto.
Laura Galvan