Nonno Paolo (De Carli): Comincio da un elemento autobiografico: Cosa pensavo io dopo la maturità del mio futuro? Io ci avevo pensato anche bene e avevo concluso che avrei potuto fare o il sindacalista o il diplomatico. C’era un bravo sindacalista nella nostra comunità, Sandro Antoniazzi che aveva un po’ di anni più di me, e andai a parlargli. Poi andai a parlare con don Vanni Padovani che era il prete che aiutava don Giussani in Gioventù Studentesca e che allora era il mio direttore spirituale. Tutti noi di GS avevamo un prete come direttore spirituale. Ma don Vanni mi disse: ma tu hai un papà notaio con uno studio molto bene avviato. Devi considerare questa strada. Io dopo averci pensato decisi che don Vanni aveva ragione e presi quella strada come ipotesi della mia vita.
Questo piccolo episodio personale mi ha mostrato una cosa che credo importante. Che un ragazzo sui vent’anni può avere ancora un giudizio assai immaturo su se stesso e che un vero amico più grande di lui può invece leggere meglio di lui la sua strada per il futuro.
Qui tocchiamo un punto fondamentale. Siamo o non siamo noi autonomi con la nostra testolina, con la nostra piccola, piccolissima conoscenza del mondo nel valutare, nel decidere la nostra strada? Guardate che la nostra, la vostra strada non è solo la facoltà universitaria perché nella vita tutto si lega e quindi la facoltà è legata al lavoro, il lavoro è legato allo stato civile e sociale (celibe, nubile, sposato, frate, prete ecc.) e lo stato sociale è legato al destino complessivo dell’uomo, al senso della sua vita.
C’è di certo in voi una sete di infinito, di grande. Nel nostro mondo multimediale e interconnesso molti sono attratti da certi paesi. Per esempio l’America, per esempio New York. [Audizione della canzone New York New York in Liza Minnelli “Theme from New York, New York” in disco vinile Liza Minnelli, Robert De Niro “New York, New York Musical Original Songs”] Ne abbiamo già parlato nel Caffè del nonno intitolato “Andare all’estero”. Vi ricordate Andare all’estero per ricevere o per portare? Così come tanti giovani dell’est, dell’oriente o dell’Africa vogliono venire in Europa attratti dal benessere, dallo stile di vita europeo. Questo però è molto superficiale, soddisfa forse un certo benessere, ma non soddisfa la sete di infinito. Altri sono attratti da un’idea, da una ideologia. Per esempio vogliono diventare ambientalisti, salvare la terra o i mari dall’inquinamento, impedire lo spreco e quindi si iscrivono a Green Peace, impediscono il trasferimento di rifiuti in paesi del terzo mondo, impediscono le navi per la pesca o la caccia di pesci o di cetacei in via di estinzione, impediscono l’accesso a Venezia delle grandi navi da crociera. Poi vanno in luoghi in cui la natura è incontaminata, tra i ghiacci, al polo o più semplicemente in posti solitari. Vivono con poco, diventano vegetariani o vegani. Allora il futuro diventa adesione ad una ideologia, magari anche a una rete internazionale di persone che, poi, in certi paesi, diventano anche partiti politici. Un’altra ideologia è il femminismo. Dedicare la vita all’innalzamento della condizione delle donne, ai riconoscimento dei loro diritti, a inserirsi in campi in cui le donne finora sono scarsamente state presenti per esempio il management, la politica, la guida spirituale (donne prete) la guida militare. Le ideologie però spesso peccano di astrazione, assolutizzano aspetti particolari e non tengono conto di quella sete di infinito di cui dicevamo prima, nella sua concretezza. Perché se l’uomo è tensione all’infinito non gli possono bastare degli obiettivi politici e sociali che non incidono sulla vita normale vissuta nel luogo in cui si è, senza andare a cercare solitudini e luoghi particolari. Altri ancora sono attratti dal successo. Vorrebbero diventare delle persone importanti, per esempio dei “Ras” o dei “Boss” nel quartiere in cui sono [Canzone di Abatantuono su “Sono un animale intelligente”], oppure dei dirigenti, oppure dei politici, oppure dei maghi della finanza, oppure dei cantanti o dei musicisti di successo. Altri ancora sognano semplicemente una sistemazione, il “posto fisso” [film di Zalone scena iniziale / canzone del complesso de I Gufi “Io vado in banca”]. Anche il successo non soddisfa in realtà la sete di infinito. L’uomo forte in realtà non è quello che ha successo, è piuttosto quello che non ha successo ma persegue la sua strada, il suo cammino verso il suo destino, malgrado le difficoltà, contrastando le difficoltà. Ora può essere che chi persegue la sua strada abbia anche successo ma il perseguire la strada sta prima del successo e non dipende dal successo. Infine capite benissimo quanto sia mediocre chi persegue soltanto una sistemazione, una sistemazione non è una vita, una sistemazione può essere una morte anticipata se non fa vivere e non risponde al cuore.
Visto allora come non si deve fare per capire la propria strada cerchiamo di capire come si deve fare. Ma, un momento, siamo poi sicuri che deve essere una scelta del tutto nostra. Sicuramente la vita, cioè Dio, ci fa nascere e ci inserisce in certe circostanze. Lui vuole tutto questo: che nasciamo in Italia o in Libano, in una famiglia ricca o povera, che ci sia data una certa educazione, che abbiamo un temperamento o un carattere piuttosto che un altro, che facciamo certi incontri piuttosto che altri, che siamo educati a una fede cioè a pensare che non ci sono solo gli uomini e il loro cervello, ma che c’è un Dio che fa tutto, che tutto rinnova, che fa anche noi momento per momento, che guida la storia e l’universo. Tutto questo, come è ovvio, condiziona e guida la scelta, le scelte di vita. Poi possiamo guardare a noi stessi e vedere come siamo fatti, cosa ci piace, in che cosa riusciamo bene, quali sono le nostre qualità e le nostre propensioni. Ma leggere in noi stessi e leggere nelle circostanze della nostra vita non è così semplice. Un ragazzo in generale ha una grande spinta e un grande entusiasmo. Nel sessantotto i contestatori dicevano “Vogliamo tutto”. Ma quel ragazzo ha anche una grande inesperienza, non sa stabilire una relazione fra il suo entusiasmo e le circostanze reali che gli si prospettano. Per questo, se è saggio, se capisce che il suo criterio non è tutto chiede consiglio a chi gli è più amico, cioè a un grande che voglia il suo bene, che ami il suo destino Può essere un prete che ti conosce o un grande con un forte senso del bene dell’altro, del destino dell’altro. Ma naturalmente bisogna sentire anche genitori, nonni o parenti che possono aiutare. Quel fuoco che hai dentro non l’hai messo tu. C’è un brano bellissimo di don Giussani sulla forza che lo Spirito di Dio mette dentro un giovane [Luigi Giussani, Volume: Qui ed ora (1984-85) BUR, Milano, 2009, da pag. 212 (n.3) a pag.214 (prime righe) e segg.]
Può darsi che delle circostanze della tua vita, soprattutto degli incontri, ti facciano sentire tutto l’amore di Dio per te, così che tu sia così appassionato a Dio da volere dedicarti completamente a Lui, in una vita comunitaria di preghiera e di lavoro come quella benedettina, o di silenzio e di povertà come quella francescana o di missione come quella per es. delle suore missionarie o dei preti della Fraternità di San Carlo. Per esempio state a sentire qualcosa della storia di Frate Pazienza una storia di Ezio Franceschini (già Rettore della Università cattolica ai tempi della contestazione) e di come le circostanze e il fuoco che stava dentro quell’uomo lo condussero alle porte di un Convento [Lettura E. Franceschini volume “Parole come sabbia” Ediz. Vita e Pensiero, 1965, capitolo su “Frate Pazienza” da pag. 15 inizio a pag. 18 in fondo] Oppure può darsi che tu abbia incontrato un ragazzo (o una ragazza) col quale tutto diventa bello: diventa bello guardare il mondo, capire le cose, scoprire il vero, vivere le amicizie, costruire una famiglia come una piccola comunità che tende al bene proprio e degli altri [Canzone milanese Quand sona i campann]. La vocazione dunque è l’effetto di un fascino, di un sentimento come abbiamo detto prima “intenso e creativo”.
Poi c’è il problema del mestiere da fare nella vita. Questo è chiaramente connesso con il problema generale della vocazione, anzi è dipendente da questo. Anche nel matrimonio il problema del mestiere di ciascuno, del lavoro di ciascuno è dipendente da quello della vocazione matrimoniale. Certo che si può servire Dio e la Chiesa nel proprio lavoro e che questo può essere molto importante. Può essere importante, proprio in una visione generale dell’utilità della vita, arrivare a certe posizioni nel lavoro ma questo potrà avvenire solo nella comunione con il proprio marito o con la propria moglie cioè nell’accordo e nel consenso di marito e moglie. Quella grande costruzione che è la famiglia non deve essere compromessa da un lavoro o da un mestiere vissuto egoisticamente. Nella scelta del mestiere contano le attitudini, le proprie qualità, l’attrattiva del fare qualcosa piuttosto che qualcos’altro ma conta anche l’utilità per il mondo e in particolare per la Chiesa, per la diffusione del bene. C’è un piccolo episodio della vita di Carlo Magno molto bello. Carlo Magno come voi sapete sta all’origine dell’Unione europea. Lui aveva costituito il Sacro Romano Impero che univa le popolazioni del centro Europa compresa l’Italia. Era molto preoccupato dell’educazione dei giovani e per questo aveva riunito tutti i vescovi che avevano un potere anche territoriale e nell’istruzione e aveva raccomandato loro di fondare il maggior numero possibile di scuole, dicendo, lui che era un tipo molto pratico. “E’ meglio fare il bene che conoscerlo. Tuttavia il bene non lo si può fare se prima non lo si conosce” Come dire che la scuola deve insegnare il bene e come si può farlo.
Torniamo al mestiere. Come sceglierlo? Ponendosi anche la domanda della utilità per la Chiesa o per il mondo. Oggi per esempio c’è un enorme bisogno di insegnanti e di medici, che lo facciano con una passione per l’uomo, che lo facciano come una vocazione per educare, per far crescere dei veri uomini e delle vere donne. C’è anche un enorme bisogno di operatori culturali, giornalisti, intellettuali operatori dei media che lo facciano per amore della verità, del vero e del bene, c’è anche un enorme bisogno di imprenditori che insieme a far crescere l’azienda sappiano far crescere le persone che vi lavorano, c’è un enorme bisogno di costruttori, di gente che sappia costruire per l’uomo, coordinare gli sforzi di chi lavora, integrarli, valorizzarli, c’è un enorme bisogno infine di persone che sappiano assumersi le loro responsabilità senza aver paura del rischio e senza continuamente scaricarle sugli altri.
Francesco: Nella mia storia, dopo il liceo all’Alexis Carrel, visto il cattivo andamento avevo due possibilità: o andare a lavorare o fare “Scienze motorie”. Dopo aver scelto questa seconda possibilità ho scoperto che in questa Facoltà mi stavo realizzando. In secondo luogo ho osservato che non ci si può realizzare se non in una compagnia che aiuti e io ho trovato in CL questa compagnia e ho trovato degli amici, anche non di CL coi quali ho studiato insieme le materie del Corso di laurea e coi quali ho vissuto e condiviso e che saranno miei amici per sempre.
Caterina: Nella scelta del tipo di scuola superiore ho guardato soprattutto a quello che mi piaceva. Mi piacciono le materie umanistiche. Non mi piace tanto la matematica. Poi la scuola, il Berchet perché ho voluto e voglio conoscere altre persone e ricominciare dei rapporti. Nelle materie umanistiche c’è qualcosa di più profondo, qualcosa che mi arricchisce. Mi piace la letteratura italiana, la storia e l’influenza che la storia ha sui problemi di oggi. Spero che il Berchet mi faccia imparare a vivere il mondo.
Carolina: Ho fatto la mia prima scelta di vita scegliendo il liceo classico anche se mi piacciono anche le materie scientifiche. Ho avuto una brava professoressa di italiano. Mi piacerebbe fare medicina ma non ho ancora le idee chiare. Ho fatto una bella esperienza in oratorio. Mi sono occupata in particolare dei bambini e mi è piaciuto seguirli, aiutarli, farli giocare e curarli. Questo, per esempio, potrebbe farmi pensare a una “medicina pediatrica”.
Beatrice: La mia prima decisione è stata quella del liceo classico. Rifarei questa scelta. Una scuola che mi ha dato l’idea che per trattenere qualcosa occorre un quadro culturale generale. Ho imparato anche dal mio liceo che ci vuole fatica per ottenere qualcosa. Adesso la scelta dell’Università è più rischiosa. Avevo pensato a giurisprudenza ma tale scelta non mi rispondeva più tanto. Ma la scelta non dipende solo da me. Si deve adattare e conciliare anche con le possibilità e i suggerimenti della famiglia e della gente in cui la stessa scelta si forma. Poi ci sono obbiezioni e ostacoli. Ma ci sono stati anche incontri che mi hanno fatto vedere le cose in modo diverso: qualcosa che mi potesse dare più strade dopo e darmi un quadro generale e offrirmi le materie che mi piacciono. Così ho pensato a Economia.
Anna: Guardando alle cose che mi piacciono l’unica chiarezza sono i due ambiti di studi, di Medicina e di Ingegneria, diversi tra loro ma entrambi che mi interessano. La Matematica è materia che mi ha molto interessato. Inoltre vorrei fare qualcosa che c’entri con il mio interesse per le persone, per questo o medicina/chirurgia oppure ingegneria delle costruzioni. Ho già superato il test per l’ammissione a ingegneria del Politecnico. A settembre farò il test per l’ammissione a medicina. Lo studio di medicina mi sembra più analitico. Ho accantonato invece Fisica. La scelta dipenderà ovviamente anche dall’andamento dei test.
Kawthar: Ho fatto tante scelte nella mia vita ma la maggior parte sono state conseguenza diretta di particolari circostanze: venire in Italia dal Libano, iscrivermi ad una Università. Volevo studiare di più l’italiano. Vedevo quelli in ospedale che facevano i mediatori linguistici e sarebbe piaciuto anche a me fare la mediatrice culturale, così mi sono iscritta al Corso di laurea di “Mediazione culturale”. Penso che il mio lavoro non debba essere solo per il mio interesse. Vorrei comunicare di più con la comunità italiana, conoscere di più il mondo e poter aiutare anche i miei parenti e gli altri. Comunque le condizioni delle mie scelte sono poste da Dio e io le ho solo interpretate.
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