Da qualche giorno rimbalzava nei crogioli dei vari circoli Google e WhatApp alimentati dalle tante voci del popolo del Family Day un’eco lontana dell’idea di dar corpo ad una realtà politica che desse voce a quel popolo; pareri discordi dei propugnatori (pochi) e dei contrari (tanti), ma tutto ancora ovattato dalla nebbia di un parlare fatto di ipotesi non ben definite, senza concretezza.
Poi improvvisamente tra giovedì e venerdì scorsi è comparso un progetto che sembrerebbe già definito anche nei dettagli delle vie da percorrere per renderlo operativo fra breve. Mario Adinolfi e Giancarlo Amato fondano il partito del POPOLO DELLA FAMIGLIA; lo hanno detto su La Croce Quotidiano.it di ieri e Adinolfi lo ha rilanciato per il grande pubblico in una intervista rilasciata a L’Espresso.it sempre di ieri.
La cosa ha sorpreso tutti e ha lasciato noi che abbiamo con entusiasmo e determinazione sostenuto il Comitato Difendiamo i nostri figli con la bocca se non aperta, dischiusa per lo stupore e un fischio di disapprovazione e di incomprensione. E con noi tanti altri del Comitato.
Abbiamo colto in questa decisione l’ombra di un tradimento al sentimento del popolo vero che si è adunato a Roma nelle due riprese del giugno 2015 e del gennaio di quest’anno, popolo per il quale la vera forza sta nel fatto di aver coagulato non tanto delle idee, ma quello che sta sotto le idee cioè lo spirito; uno spirito che rifiuta di irrigidirsi in una istituzione che strutturalmente è destinata, per sopravvivere, a compromettersi o comunque ad investirsi in una più ampia gamma di temi e problematiche che rischiano di asciugarla e a suddividere.
Il nostro Giuseppe Zola lo ha con chiarezza espresso nella lettera indirizzata sull’argomento al Direttore della Nuova Bussola Quotidiana di oggi, lettera che qui sotto riportiamo.
“Il partito è incoerente con l’anima movimentista”
Vorrei rispondere al quesito posto dal direttore circa il Comitato Difendiamo i nostri Figli che ha indetto, con grande successo, i due clamorosi raduni di famiglie di giugno e gennaio. Cascioli chiede se tale comitato debba continuare la sua attività rafforzando la sua natura di “movimento” oppure se possa o debba trasformarsi in una forza politica che dia rappresentanza al grande popolo visto a Roma nelle due citate occasioni.
Dico subito e senza esitazioni che il mio parere è assolutamente contrario alla costituzione di un partito e indico alcuni motivi di tale mio punto di vista.
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- Di fronte alla situazione complessiva determinata dalla cultura imperante del “pensiero unico” e del “politicamente corretto”, situazione che sta invadendo ogni aspetto e ogni settore della vita delle singole persone e dell’intera società, la vera emergenza è quella di rendere ancora più forte, capillare e intensa la nostra opera culturale ed educativa, con lo scopo di dare una vera base solida al quel fantastico popolo che abbiamo visto a Roma.
Questa azione culturale ed educativa è resa ancora più necessaria anche dalle attuali incertezze che serpeggiano in quello che chiamiamo “mondo cattolico”. Senza una forte base culturale, quel popolo non reggerebbe alle prove che l’attuale trend culturale (soverchiante per mezzi e strumenti mediatici) ci propone ogni giorno e rischierebbe di sfaldarsi molto velocemente. Se amiamo veramente quel popolo, gli dobbiamo innanzitutto questo impegno, che peraltro gli stessi promotori di una eventuale partito politico hanno ammirevolmente svolto in questi anni. Vedo in loro una sorprendente incoerenza, quando pensano ad un partito politico. Il problema, quindi, è quello di fare in modo che si rafforzi il “movimento” messo in atto con i due Family Day. Ogni altra azione sarebbe, in questo momento, inopportuna e intempestiva. - L’operazione “politica” svilirebbe irreparabilmente l’immagine di gratuita dedizione che il Comitato difendiamo i nostri figli ha acquisito con le sue miracolose iniziative. Verrebbe sprecato tutto il patrimonio di credibilità che noi tutti abbiamo acquisito in questi anni: ci indeboliremmo invece che rafforzarci. Sento che chi non ci vuole troppo bene già sta dicendo maliziosamente “adesso capiamo perché hanno fatto tutto questo casino”. Mantenere pura la direzione movimentista renderebbe, insomma, più credibile la nostra testimonianza e il nostro impegno.
- La scelta partitica è altamente irrealistica, se non altro perché pensa ingenuamente che i numeri fantastici visti a Roma si possano tramutare automaticamente in voti e in consenso ad un partito. Il voto politico tiene conto di tali e tante variabili (culturali, storiche, personali, locali) che la trasposizione in cui si spera è, in effetti, totalmente incerta, anche perché un partito politico deve dotarsi di un programma molto complesso e vasto, su cui diventa complicato acquisire un consenso. A meno che non si faccia una scelta monotematica, che, però, farebbe la fine di altre esperienze già attuate, in modo peraltro nobile, negli anni passati.
- Il non realismo a cui ho sopra accennato aumenta se si pensa all’enorme problema economico che comporta la creazione di un nuovo partito. Per quanto detto prima, sarebbe molto più saggio investire risorse in cultura ed educazione e non in politica, con la quale, peraltro, occorre continuare uno stringente rapporto da parte del comitato.
- Di fronte alla situazione complessiva determinata dalla cultura imperante del “pensiero unico” e del “politicamente corretto”, situazione che sta invadendo ogni aspetto e ogni settore della vita delle singole persone e dell’intera società, la vera emergenza è quella di rendere ancora più forte, capillare e intensa la nostra opera culturale ed educativa, con lo scopo di dare una vera base solida al quel fantastico popolo che abbiamo visto a Roma.
Detto questo, non è da escludere, in astratto, che un reale e forte movimento possa, nel tempo, produrre anche una formazione politica. Ma escludo categoricamente che questo tempo sia già arrivato. La Cirinnà ha vinto perché aveva dietro di sé una cultura venuta da lontano, nella distrazione generale del mondo cattolico. Non possiamo sperare di controbilanciare questa cultura con la presenza di uno o due deputati. Dobbiamo avere il coraggio di ripartire dalla cultura, come del resto abbiamo ricominciato a fare in questi anni. Il problema, dunque è che il Comitato si mantenga fedele alla sua natura movimentista, senza tradirla con azioni diversive.
Un’ultima osservazione: è evidente che se dovesse attuarsi la sciagurata scelta politica, i promotori dovrebbero lasciare subito il Comitato che li ha resi famosi. Sarebbe chiara l’incompatibilità.