Nonni e Catechismo

UNA PICCOLA STORIA DI NATALE

Nonni e Catechismo Riflessioni

“Brrr, che freddo! Si prepara una notte davvero gelida!”. Un passo dopo l’altro, il mercante arrancava sulle pietre della strada, rese scivolose da una pioggerellina fredda e fastidiosa; si trascinava dietro un asino, col basto stracarico di mercanzie che lui sperava di vendere a buon prezzo al mercato di Betlemme.

“Hi-ho” ragliò forte l’asino in risposta. Il mercante non lo sapeva, ma anche gli asini parlano; come tutti gli animali del resto: parlano in asinese, e siccome sono animali molto intelligenti (malgrado le strane idee che circolano!) conoscono anche altre lingue, compresa la lingua comune, parlata da tutti gli animali al servizio degli umani.

Il potente raglio dell’asino, tradotto, voleva dire: “La fa facile lui, che cammina avvolto nel suo mantello, portandosi appresso solo una borsettina, sicuro del posto caldo che lo attende nella locanda di Betlemme. Sono io, intanto, che devo portare questo carico pesantissimo sotto la pioggia”.

Stava tramontando il sole: malgrado le ombre che avanzavano, si intravvedevano finalmente le prime case di Betlemme. 

Una lunga fila di gente si stava dirigendo proprio lì, a Betlemme, molta più del solito! C’erano, sì, i mercanti, diretti come sempre alle ricche botteghe della piccola città; ma c’era anche tanta altra gente: famiglie intere, con bambini e anziani perfino!

“Che strano, tutto questo traffico – disse tra sé il mercante – Per fortuna ho prenotato un posto per me e per il mio asino nella locanda, altrimenti chissà che freddo avremmo avuto questa notte!”. E, continuando a camminare, accarezzava il collo del suo asino.

“Hi-ho”, ragliò più piano l’asino, soddisfatto dalle parole del suo umano: la prospettiva di una bella stalla, riparata dal vento e dal freddo, gli piaceva davvero! “Un po’ di fieno, magari qualche altra bestia con cui chiacchierare per passare il tempo prima di addormentarsi al calduccio…” pensava lui.

Un passo dopo l’altro, l’asino e il suo mercante… almeno questa era l’idea dell’asino: probabilmente il padrone avrebbe invertito l’ordine delle parole, ma noi qui preferiamo l’asino! Riprendiamo dunque il filo: un passo dopo l’altro i due arrivano a Betlemme.

“Hi-ho”: girando la testa verso la prima locanda, l’asino cerca di far notare all’umano la possibile meta… ma l’umano tira dritto davanti alla prima, poi alla seconda, poi alla terza locanda!

“Hi-ho”: questo era inequivocabilmente un raglio di protesta! Ma proprio in quel momento, finalmente, arrivati alla quarta e ultima locanda, il mercante si fermò.

“Ben arrivato – il locandiere, sulla porta, salutò il mercante, rabbrividendo per l’ennesima ventata gelida – temevo quasi che non ce la avreste fatta ad arrivare”.

“No, no, ce l’ho fatta! Ma che fatica… sembra che si siano messi in viaggio tutti quanti oggi!”, ansimò il mercante

“Davvero! È che questo maledetto censimento voluto dai Romani sta creando un caos pazzesco”

“Ma perché?”

“Eh, sapete: tutti devono presentarsi all’ufficiale romano per dichiarare da quante persone è formata la loro famiglia; e questo sarebbe già abbastanza, dico io! Ma per complicare le cose ciascuno deve farsi registrare non nel paese dove vive, ma in quello da cui proviene la famiglia.

“Che pasticcio! Per forza che c’è tanta gente in viaggio! Anche sì con tutta la famiglia: roba da matti!”, esclamò il mercante.

“Più che da matti, direi da Romani” rispose ridendo il locandiere.

“Ma poi: che cosa gliene importa, ai Romani, di sapere quanta gente vive qui in Palestina?”

“Mah! Dicono che è un problema di tasse… brutta cosa!

“Ma venite, non state qui a prender freddo – riprese cordiale il locandiere, invitandolo ad entrare – dentro c’è un bel fuoco e anche uno stufato che vi aspetta”.

“Bene, bene – il mercante si strofinava le mani gelate – e per il mio asino?”

Uno strano raglio leggero fece eco a queste parole: “Meno male che si è ricordato anche di me! Non la finivano più di chiacchierare quei due!”

Con grande soddisfazione del povero asino: “Nessun problema!” garantì il locandiere. E chiamò un garzone ordinandogli di condurre subito l’asino nella stalla lì di fianco, di liberarlo dal carico e di dargli una bella porzione di fieno: in effetti il mercante aveva pagato profumatamente per tutti e due!

Il nostro amico asino, confortato dalla prospettiva di una bella stalla comoda, si sentì subito meglio e trotterellò a fianco del ragazzo. Ormai era scesa la sera, piena di profumi che uscivano dalla cucina.

“Magari ci scappa anche qualche carota!” pensò.

Entrò nella penombra della stalla, si mise comodo con l’aiuto del garzone, e dopo un paio di buone boccate di fieno incominciò a guardarsi in giro.

In un angolo c’era un bue. “Ci siamo solo noi qui dentro?” ragliò l’asino nella lingua comune.

“Già – rispose nello stesso modo il bue – dietro c’è una stalla più grande, per i cavalli… animali più nobili di noi…- il tono del bue, mentre diceva queste parole era decisamente ironico, tanto che i due fecero uno strano verso che, nella loro lingua, corrispondeva a una risatina – Ma qui noi staremo proprio bene, tranquilli e al caldo.”

“Io sono arrivato con il mio umano… un gran mercante, sai … ma tu perché sei qui?”: l’asino aveva deciso di fare amicizia con quel compagno inatteso che gli sembrava simpatico.

“Il mio umano è un contadino… doveva venire anche lui qui (non ho proprio capito perché), e ha preso me per accompagnarlo: a dir la verità nemmeno di questa scelta saprei spiegarmi il perché…”

Ormai rifocillato, l’asino incominciò a trotterellare avanti e indietro, per sciogliersi i muscoli; e intanto si guardava intorno curioso. Il bue invece, tranquillamente accovacciato, lo seguiva con gli occhi, divertito:

“Hai ancora tanta voglia di camminare?”

“No… è che questa notte non riesco a stare fermo… Uh! guarda fuori dalla porta: che spettacolo!”.

Fuori infatti la pioggerellina fredda si era trasformata in una neve leggera. I fiocchi lievi stavano imbiancando il villaggio trasformandolo in un luogo incantato, come se la neve (fenomeno molto inconsueto in quei luoghi), avesse operato una vera e propria magia.

Anche il bue si alzò lentamente, attratto dallo spettacolo, e lanciò un’occhiata fuori dalla porta.

“Ma cosa sta succedendo là, davanti alla porta della locanda?” chiese il bue.

Anche l’asino guardò in quella direzione e vide una coppia di umani. L’uomo sosteneva la donna, chiaramente affaticata, e pregava insistentemente il locandiere di farlo entrare. “Vi prego- diceva -posso pagarvi, almeno un po’! Non pretendo una camera o un letto, mi basta una panca dove far sedere mia moglie e un fuoco per riscaldarci…”

Ma il locandiere lo guardava con disprezzo: la sua locanda era piena e non bastavano certo quelle poche monete a far sloggiare qualcuno dei clienti: avevano pagato ben di più, quelli!

“Vi prego! – insisteva il pover’uomo – Non mi sarei mai messo in viaggio con questo tempaccio…. Ma anche noi abbiamo dovuto spostarci per il censimento… e con mia moglie in queste condizioni… lo vedete anche voi che aspetta un bimbo… abbiamo impiegato più tempo del previsto…”

“Provate a chiedere: se qualche cliente vi cede il posto…” rispose infine il locandiere, ben poco convinto.

“Ma questa è l’ultima locanda… abbiamo già provato nelle altre e nessuno ci ha voluto accogliere. Guardate quelle facce: anche qui i clienti nemmeno ci guardano, come se non esistessimo … e mia moglie è incinta, sta male!”

L’uomo sembrava proprio disperato.

A un tratto, dall’interno della locanda si affacciò il mercante. “Non vi posso cedere il mio posto – disse rivolto all’uomo – domani devo lavorare e se non sarò abbastanza in forze per vendere le mie mercanzie non guadagnerò abbastanza. Però – e qui guardò incerto il locandiere – forse potreste trovare un posticino nella stalla qui a fianco”.

“Qui con noi?” dissero insieme l’asino e il bue, guardandosi perplessi: “ma non è un posto per umani! Meno che mai per una donna che aspetta un figlio!”

Il locandiere alzò le spalle, indifferente, e con un cenno del capo indicò alla coppia la stalla; poi voltò loro le spalle, rientrò nella sala della sua locanda, calda e accogliente, e chiuse la porta. I due si diressero faticosamente verso la stalla. La donna era molto giovane e chiaramente sfinita: appena entrata si appoggiò a una parete, cercando di riprendere fiato.

L’asino e il bue la guardavano: malgrado la stanchezza la sua espressione era molto dolce, mentre osservava il marito che si affannava, premuroso, per crearle con la paglia un giaciglio più comodo possibile. A un tratto lei emise un gemito: “Giuseppe, temo che il bambino voglia nascere adesso”

“Qui?! Adesso?! Oh, Maria, e come faremo? Che il Signore ci protegga!”

L’uomo sostenne la donna mentre si stendeva su quel giaciglio improvvisato: era tanto preoccupato perché non sapeva come aiutare la moglie, così giovane e così buona. “È pure freddo! Signore, come posso fare?”

L’asino e il bue si guardarono ancora una volta: insieme, di comune accordo, si avvicinarono piano piano ai due umani: “Non possiamo non aiutarli, poverini! Non siamo mica degli egoistacci come quegli umani, là, nella locanda”.

Ed ecco che, con le zampe e con il muso, incominciarono a spingere verso l’uomo la paglia sparsa sul pavimento, cosi che potesse far stare più comoda la moglie. Poi si accovacciarono di fianco ai due, cercando di ripararli dal freddo che entrava dalla porta e di riscaldarli col calore dei propri corpi.

“Sarà una lunga notte – muggì il bue nella lingua comune – “dovremo avere pazienza”.

“Eh sì! – sussurrò l’asino con il suo raglio più dolce – “aspettiamo!”

Fu davvero una lunga notte: la neve continuava a scendere lieve e, nel silenzio ovattato, sembrava dare conforto alla fatica della giovane donna… Poi, verso mezzanotte, smise di nevicare: il cielo si rasserenò e la luce delle stelle brillò, intensa come non si era mai vista. E proprio in quel momento avvenne il miracolo: il bambino nacque!

Ogni bambino che nasce è un piccolo miracolo: Maria e Giuseppe lo guardavano con infinito stupore, ringraziando il Signore perché era andato tutto bene, malgrado la situazione difficile in cui si erano trovati. Ma in quel bambino c’era qualcosa di più. L’asino e il bue si guardarono stupiti. Il paesaggio innevato sembrava splendere di una luce nuova; anche il freddo sembrava meno intenso: era come se tutta la natura volesse indossare il suo abito più bello per partecipare alla festa della nascita di questo bambino. Improvvisamente si udì una musica, piena di gioia e insieme dolcissima: il bue e l’asino sbirciarono fuori dalla stalla e videro che il cielo era pieno di angeli che volteggiavano nel cielo, eleganti e allegri, cantando “Gloria in excelsis Deo”.

“Il bambino che è nato è davvero straordinario!” muggì piano il bue, mentre l’asino annuiva. Maria, che si stringeva sul cuore il figlio appena nato, guardò con gratitudine i due animali che li avevano riscaldati in quella incredibile notte: sembrava che avesse capito il linguaggio comune in cui avevano parlato. Con voce armoniosa “E’ nato Gesù – disse – questa notte Dio è nato tra gli uomini per vivere con noi!”

Laura Galvan